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Cronaca
31.12.2013 - 17:170
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Gli auguri di Liberatv con le parole del Vescovo: buon anno e grazie di cuore cari lettori

La prima omelia per il Capodanno di Monsignor Valerio Lazzeri: ecco le bellissime parole del Vescovo pronunciate in occasione del Te Deum nella Basilica del Sacro cuore di Lugano

LUGANO - Il vescovo di Lugano ha officiato nel tardo pomeriggio nella Basilica del Sacro Cuore, la Solenne Celebrazione del Te Deum. Monsignor Valerio Lazzeri, nell'ambito dei festeggiamenti per il Capodanno, celebrerà domattina alle 10.00 la messa nella Chiesa di Sant'Antonio. Per gentile concessione del Vescovo, vi proponiamo per esteso la sua prima omelia di San Silvestro. Un testo denso di significato e spiritualità intitolato "Diventare narratori della Salvezza", che prende spunto dalla prima diffusione da parte dei pastori dell'annuncio della nascita di Gesù.

Grazie alle parole del Vescovo, cari lettori, cogliamo l'occasione per farvi i nostri più sinceri e affettuosi auguri per un 2014 che possa realizzare i vostri sogni, desideri e aspirazioni, esattamente come le avete immaginate, nella razionalità o nella fantasia. Un grande augurio, dunque, e un caloroso ringraziamento per l'attenzione con cui, sempre più numerosi, continuate a seguire il nostro lavoro giorno dopo giorno.

di Monsignor Valerio Lazzeri

C’è una grande loquacità attorno all’Evento di Betlemme. I pastori – di nuovo presenti nel Vangelo di questo ultimo giorno dell’anno civile – ne sono i principali promotori. Un gran bisogno di parlare è nato in loro già subito dopo l’annuncio dell’angelo. La Parola ricevuta dal cielo è diventata immediatamente scambio tra umani, proposito di fraternità, progetto comune: “i pastori – nota infatti Luca – dicevano l’un l’altro: ‘Andiamo fino a Betlemme’”. E poi, dopo aver visto, la parola accolta e condivisa diventa annuncio fedele – “riferirono ciò che del bambino era stato detto loro” – e canto di glorificazione e di lode: “i pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro”. È il meraviglioso viaggio della Parola, che scesa nel cuore risale come Eucaristia, come ringraziamento.

Care sorelle e cari fratelli, siamo qui raccolti in queste ultime ore del 2013 perché vogliamo unirci a questo "Te Deum" dei pastori, vogliamo fare nostro il loro canto di gratitudine per le opere compiute per noi da Dio nell’anno che sta per chiudersi. L'esempio di questi primissimi testimoni della venuta del Signore nell’umiltà della nostra condizione umana ci guida ad assumere l'atteggiamento giusto in questa ora di passaggio da un anno all'altro. 

Sicuramente non bisogna esagerare. Si tratta pur sempre di una convenzione. Eppure, è sempre un momento delicato. Da un lato, ci viene spontaneo tentare qualche consuntivo di ciò che abbiamo vissuto e questo a livello degli avvenimenti di cui hanno parlato i mezzi di comunicazione non risulta troppo difficile. Le retrospettive e i bilanci abbondano, in parole e in immagini salienti dei dodici mesi appena trascorsi. D'altro canto, però, conosciamo la difficoltà. Non ci basta fare un elenco, stilare la cronistoria dei fatti. Occorre trovarvi il filo d'oro, il senso profondo per riuscire ad attraversarli, per arrivare ad assumerli, a non negarli stoltamente e insieme a non subirli passivamente. Proprio su questo punto ci vengono incontro i pastori di Betlemme. Certo, non hanno spiegazioni da dare e neppure soluzioni magiche da proporre, né per la loro disagiata vita di lavoratori senza riposo, né per l’ingiusto e a volte tragico assetto delle cose del mondo. Hanno però qualcosa di essenziale da raccontare. Non una teoria da loro inventata, non una nuova sofisticata ideologia, ma la testimonianza di un annuncio ricevuto dall’alto e confermato da una concretezza constatata personalmente: “dopo averlo visto, riferirono”. 

I pastori sono fedeli a quanto è stato detto loro dall’angelo, al messaggio originario, ma non sono degli stanchi ripetitori, non si limitano a riprodurre un'informazione inerte. I loro occhi, resi vigili dalla Parola accolta nel cuore, sanno leggere la realtà. Sanno cogliervi il segno del compimento della promessa fatta ai padri. E la loro vita cessa di essere quella di chi subisce il logorio di un tempo in fuga, di chi rimane attaccato alle delusioni, al ricordo delle sconfitte e alle nostalgie. Diventa racconto che riempie di meraviglia gli ascoltatori, narrazione che fa pensare e alimenta la contemplazione di Maria. Diventa canto, finalmente, che fa vibrare di fierezza e gioia la ripresa del loro cammino.

Non sono stati presi in giro da Dio. Ecco la percezione che abita nel loro cuore. Non hanno più il morboso bisogno di lamentarsi, di recriminare, di trovare il colpevole dei loro mali, di ingannare il loro cuore con surrogati o compensazioni, di stordirsi per sfuggire alla durezza delle circostanze. I pastori diventano cantori della bellezza della vita umana, dove si manifesta in Gesù Cristo, Figlio di Dio nato da Maria, la fedeltà incrollabile di Dio alla sua promessa: “per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro”.

Carissimi, in questa Eucaristia di fine anno siamo qui per chiedere al Signore di farci sempre più entrare nell’esperienza dei pastori. Siamo qui per deporre le pesantezze, le delusioni, le fatiche e anche le infedeltà di cui ci siamo resi responsabili e soprattutto per ritrovare lo splendore della nostra vocazione di testimoni della salvezza, operata da Dio nella nostra storia. Essa certo ci è sempre annunciata in Gesù Cristo, nato per noi. Ma dopo aver trovato a Natale  “Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia”, siamo chiamati ora a una vita umana impregnata e trasformata dal canto della Moltitudine celeste. “Gloria a Dio… pace agli uomini”, abbiamo sentito cantare. Ora sono le nostre vite a dover glorificare Dio e portare la pace, a non essere più puro e semplice consumo di tempo e di cose e a diventare racconto.

Una vita umana che non si lascia trasformare in narrazione di bellezza, in glorificazione di Dio e annuncio di speranza, una vita che non diventa portatrice di parole capaci di stupire e di alimentare la contemplazione del Mistero rivelato, rimane al di sotto delle sue potenzialità e, quel che è peggio, non fa che aggiungere grigiore e opacità alla vicenda tragica di questo mondo inquieto. Le nostre forze limitate non possono imprimere di colpo un corso nuovo agli eventi del mondo. Questo però non vuole dire rassegnarsi. Come cristiani, siamo responsabili di un modo nuovo di raccontare la storia, un modo vero, realistico, vicino alla concretezza quotidiana, con le sue fatiche, i suoi interrogativi e le sue ansie, ma insieme limpido, quieto, lieto e riconoscente.    Anche noi, come i pastori, possiamo dire di non essere stati ingannati. Possiamo portare in ogni istante il nome di Gesù, quel nome che è stato dato al Figlio di Dio nel tempo, “quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione”, ma che gli uomini hanno potuto ricevere solo dal Cielo, “dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo”. Chiediamo al Signore che la nostra vita possa diventarne sempre più espressione convincente e glorificazione contagiosa. E sia questo il fondamento autentico dell'augurio di buon anno che tra poche ore ci scambieremo con abbondanza.

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