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Cronaca
09.12.2018 - 12:300
Aggiornamento: 13:04

I politici del Mendrisiotto vogliono chiudere i valichi. Dietro i colpi una stessa regia: dalle ruspe agli esplosivi

I furti, partendo dal Bergamasco, si sono spostati sempre più a sud, e vengono commessi sempre alla stessa ora. Stefano Piazza: "bisogna capire come mai hanno deciso di colpire in Ticino. Non basta chiudere le frontiere"

ARZO – Sono partiti da lontano, addirittura dalla Francia e da Ginevra. Inizialmente usavano metodi più grossolani, con ruspe o camion che riuscivano a sradicare i bancomat, adesso sono passati agli esplosivi. Ed hanno attraversato buona parte d’Italia, per arrivare in Ticino.

Che siano le stesse persone, ci sono dei dubbi, ma senza dubbio i furti dei bancomat hanno la stessa regia. Il Caffè svela come numerosi colpi siano stati messi a segno in Italia prima di arrivare in Ticino: a quelli che già si conoscono, si aggiungono il Bergamasco, poi la Brianza, la cintura attorno a Milano, il Varesotto. Sempre più verso sud, insomma. I ladri agiscono praticamente sempre con la stessa tecnica, ed anche negli stessi orari. Sono rapidi, e secondo Luca Tenzi, esperto in gestione di rischi e di sicurezza, con una lunga esperienza a livello internazionale e oggi attivo a Ginevra, “si specializzano su precisi modelli di bancomat dei quali evidentemente conoscono le caratteristiche, compresi i punti deboli e vanno a cercarli uno a uno regione per regione, città per città”.

Agiscono persone che hanno una buona conoscenza degli esplosivi, senza ombra di dubbio, e rispetto a quando si servivano di ruspe, riescono a non disperdere soldi. Quelli contenuti nei bancomat di Arzo e Coldrerio sono stati presi quasi tutti, tranne forse il 10%.
Roberta Pantani ha chiesto la chiusura dei valichi secondari durante la notte, in un post Marco Romano ha fatto la stessa osservazione. Il Mattino sul tema ha interpellato diverse persone. Il Ministro Norman Gobbi ritiene che “la chiusura dei valichi è uno degli strumenti che può servire a fronteggiare la criminalità nella regione e da sempre ho sostenuto questa proposta. Alla luce di questi fatti auspico quindi sicuramente che il Consiglio federale possa tornare sui suoi passi”, precisando come “la Polizia cantonale – in collaborazione con le altre forze dell’ordine presenti sul nostro territorio – ha da subito attuato una serie di misure operative per far fronte a questa minaccia che ha colpito il Mendrisiotto. Una regione che per la sua vicinanza al confine è stata spesso lo scenario di furti e rapine”.

“Non a caso entrambi i gravi reati sono stati messi a segno di notte. Avere valichi non presidiati nel periodo notturno con conseguente minor rischio di essere fermati con la refurtiva a bordo, non disincentiva certo dal considerare la nostra regione quale privilegiato terreno per incursioni di natura criminale. Non ho mai compreso la decisione di non confermare le chiusure notturne dopo il periodo di sperimentazione”, concorda il sindaco di Balerna Luca Pagani. 

Favorevole anche l’esperto di terrorismo islamico Stefano Piazza, che per primo aveva ipotizzato che dietro i furti con esplosivo ai bancomat ci fosse una banda composta da ex militari dell’Est. Non basta, però: “credo che questa sia una misura opportuna. Tuttavia, non bisogna fermarsi alla chiusura notturna dei valichi secondari. Penso che vadano comprese le ragioni per le quali questi gruppi hanno iniziato a colpire in Canton Ticino mentre fino ad oggi restavano nel Nord Italia. Deve essere accaduto qualcosa nella geografia criminale, ad esempio potremmo avere sul territorio qualche basista che suggerisce gli obbiettivi”.

L’unica voce critica interpellata dal settimanale è quella di Claudia Crivelli Barella, dei Verdi: “una chiusura dei valichi offrirebbe a mio avviso una falsa rassicurazione: meglio puntare sulla collaborazione e sull'informazione. Anche chiudendo tutti i valichi, ci saranno sempre modi di varcare il confine, inoltre va ricordato che ingenti furti patrimoniali, meno eclatanti ma non meno deleteri per la società, sono compiuti all'interno dei nostri confini”.

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