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Cronaca
09.10.2019 - 12:260

“Trieste: il killer – malato di mente o criminale? -, la politica, i poliziotti… Malpagati, a volte detestati, e di sicuro sempre più soli”

Stefano Piazza: “L’uomo, come si vede nel filmato, è in grado di sparare con due pistole contemporaneamente. Un po’ tanto per un magazziniere con qualche problema mentale”

di Stefano Piazza *

 

Con il video che ritrae il cittadino dominicano Alejandro Augusto Stephan Meran mentre era in fuga dopo aver sparato ai poliziotti Matteo Demenego e Pierluigi Rotta, non ci sono più dubbi su quanto accaduto venerdì 4 ottobre 2019 tra le 16.51 e le 16.56 nei locali della Questura di Trieste. Sono però molte le domande che ancora non hanno una risposta; una su tutte è quella sulle reali condizioni mentali dell’assassino che si è chiuso in un totale mutismo nella sua camera d’ospedale (piantonato dagli agenti che voleva uccidere), dove giace per le ferite riportate durante l’attacco in Questura.

 

Il fratello e la madre hanno subito dichiarato che Alejandro Augusto Stephan avrebbe seri problemi mentali (si è parlato persino di schizofrenia e di farmaci), tanto che sarebbe stato curato più volte in alcune strutture sanitarie in Germania dove un tempo viveva. Alle autorità italiane però, non risulta che l’uomo si fosse annunciato ai servizio sanitario nazionale italiano, tantomeno che fosse in cura da uno specialista di Trieste dove oggi abita con la famiglia.

 

In tal senso sono in corso accertamenti specie a Monaco di Baviera per avere un quadro reale della situazione anche in vista del processo che lo vedrà imputato di due omicidi e di 7 tentati ( sempre omicidi), nei confronti di altrettanti agenti di polizia che hanno provato ad opporsi alla sua folle impresa criminale.

 

L’uomo che di professione fa il magazziniere durante l’attacco ha mostrato grande sicurezza nel maneggiare le armi infatti come si vede nel filmato diffuso dalla Polizia, è in grado di sparare anche con due pistole contemporaneamente un po’ come si vede nei film tratti dalle biografie dei capi dei “Narcos” sudamericani. Un po’ tanto per un magazziniere con qualche problema mentale.

 

Quanto visto nel filmato potrebbe far credere che Meran abbia fatto parte in passato o nella Repubblica Dominicana o magari in Germania, di qualche gang’s criminale del tipo “ latino’s” come i molti e particolari tatuaggi sul suo corpo potrebbero far presagire. Ma anche qui vanno trovati i riscontri specie nel suo paese di origine e qui l’impresa, potrebbe rivelarsi alquanto complicata.

 

La tragedia di Trieste non è che l’ennesima prova della difficoltà che le donne e gli uomini in divisa in Italia ogni giorno, incontrano. Le cifre purtroppo lo dimostrano in maniera incontrovertibile: alla data odierna le aggressioni a funzionari di polizia nella penisola sono state 186, un dato che deve impressionare anche perché nella maggior parte dei casi, chi aggredisce la polizia dopo un rapido giro in Questura, viene sovente rilasciato in virtù di un garantismo fuori da qualsiasi logica.

 

Poi a rovinare ulteriormente il quadro, ci sono gli attacchi sferrati da una parte della classe politica, da alcuni media, dai personaggi dello spettacolo, da qualche cuoco famoso e anche dagli intellettuali che storicamente, sono sempre pronti a scagliarsi contro le forze di polizia.

 

Sono coloro che hanno fatto intitolare una sala del Senato della Repubblica Italiana a Carlo Giuliani che durante il G8 del 2001 stava per uccidere in Piazza Alimonta a Genova, un giovane carabiniere che vistosi in pericolo di vita, reagì e lo uccise.

 

Di quel terribile G8 funestato dalla violenze dei No Global e da quelle operate per inaccettabile reazione da alcuni scriteriati agenti di Polizia, le sentenze della magistratura hanno dato solo un quadro parziale e per certi versi ideologico della vicenda. Sempre a proposito di gravi errori commessi dalle forze dell’Ordine, ci sono stati altri casi uno su tutti è quello di Stefano Cucchi del quale si discute ancora. Non si può negare che episodi come questi possano scalfire la fiducia nelle divise, è comprensibile ma si tratta di episodi circoscritti dei quali si sono resi protagonisti delle “mele marce” che esistono in tutti gli ambienti, dalla politica, alla finanza e in tutti gli ambienti di lavoro dove è l’uomo il protagonista.

 

È chiaro che quando la violenza è operata dallo Stato fa più male perché mina la fiducia nelle istituzioni tuttavia, occorre riconoscere con onestà che nei corpi di appartenenza ci sono da sempre gli anticorpi contro “la violenza di stato” e lo si è visto più volte. Queste vicende gravi ma che rimangono comunque marginali rispetto a quanto fanno ogni giorno le forze dell’ordine, sono il carburante preferito da coloro che si ritrovano in quella sorta di partito transnazionale “anti-polizia” che genera mostri come quelli che gioiscono sui social network ogni volta che muore un carabiniere o un poliziotto in servizio.

L’imbarbarimento del dibattito politico e l’avvento dei social network hanno dato a questi imbecilli l’opportunità di avere un palcoscenico dove poter festeggiare ad esempio, la morte di due poveri ragazzi che per 1.200 euro al mese hanno perso la vita per il furto di un vecchio motorino a Trieste. Ora passati il funerale di Stato e il cordoglio della nazione, mentre noi dormiamo nei nostri comodi letti, le donne e gli uomini divisa saranno ancora li ogni giorno e ogni notte nelle strade, nelle piazze a fare il loro dovere. Malpagati a volte detestati, e di sicuro sempre più soli.

 

* presidente Amici delle forze di polizia svizzere

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