CRONACA
Filippo Turetta dal carcere: "Meglio un figlio morto che un figlio come me. Non esiste perdono"
Il killer di Giulia Cecchetin: "Ho perso la persona più importante della mia vita. Ed è solo colpa mia"

VENEZIA – Prega, legge, piange e scrive. Filippo Turetta si avvicina al processo per il femminicidio di Giulia Cecchettin. Agli atti è stata presentata una lettera scritta dal killer ai genitori. Si tratta di uno scritto che racconta i giorni successivi alla fuga in Germania, dove è stato arrestato per poi essere estradato in Italia. Cominciava a rendersi conto che la sua vita si sarebbe trasformata in un inferno. 

"Sono qui da 48 ore - scrive -. Finora sono stati tutti molto bravi, nessuno mi ha picchiato. Ho paura però a tornare in Italia. Ho generato tanto odio e tanta rabbia. Me lo merito, si. Ma tutto questo è terribile. Ho peggiorato il mondo in qualche modo. Non sono riuscito nemmeno a uccidermi. Non potrà più laurearmi, conoscere persone e avere una famiglia".

Filippo Turetta parla anche di Giulia, la 18enne uccisa a coltellate. "Ho perso la persona più importante della mia vita, la persona più bella e speciale che potessi mai incontrare. Tutto questo è colpa mia. Non so perché l'ho fatto. Non avrei mai pensato che succedesse. Io non sono cattivo, lo giuro".

Il killer non si sottrae alle sue responsabilità. "Non esiste perdono e nemmeno lo voglio. Ho rovinato la vita di tante persone senza averci pensato. Spero che tutto questo non influenzi la vostra vita in peggio", scrive ai genitori. "Mi avete sempre educato al meglio. Non voglio che paghiate le conseguenze di quello che ho fatto io. Capirei se d'ora in poi volete dimenticarmi e rinnegarmi come figlio. Sarebbe la scelta migliore per la vostra vita. Penso che probabilmente sarebbe meglio un figlio morto che un figlio come me".

E ancora: "Ve lo giuro, se potessi uccidermi adesso lo farei. Sono un codardo e debole. Ho provato a soffocarmi con un sacchetto di plastica in testa ma all’ultimo l’ho strappato. Volevo fare un incidente mortale, un frontale contro un muro o albero, che non mi lasciasse scampo ma neanche in questo sono riuscito. Ho guidato moltissimo ma ogni volta che acceleravo poi o frenavo o sterzavo. Senza ottenere il risultato desiderato… Non ho portato avanti l’idea di buttarmi sotto un treno perché non volevo che voi foste responsabili di pagare danni o risarcire denari… Il metodo che mi sembrava essere il migliore era accoltellarmi in qualche modo. Si leggono tanti suicidi così in giro… Invidio molto chi ha avuto il grande coraggio di farlo, a differenza mia. Sono stato la maggior parte delle ore degli ultimi giorni seduto in macchina puntandomi il coltello alla gola o al torace aspettando di riuscire a sferrare i colpi".

 

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