IL FEDERALISTA
TeleTicino, un "caffé del popolo" in onda da trent'anni
Nel trentesimo compleanno dell'emittente di Melide, ecco un'analisi sul passato e sul futuro della tv in Ticino e in Svizzera

A cura della redazione de ilfederalista.ch

Il 19 dicembre 1994, sulle frequenze di Telecampione -che trasmetteva da un’antenna in territorio italiano- andò in onda per la prima volta “Caffé del popolo”, embrione del nascente canale Teleticino, inaugurato ufficialmente nel marzo 1999 dopo aver ottenuto una concessione dal Dipartimento federale dell'ambiente, dei trasporti, dell'energia e delle comunicazioni (DATEC). 

Oggi Teleticino è una tv locale tra le più solide e apprezzate in Svizzera. Resta però una piccola caravella che naviga in acque (lacustri, siamo in CH) presidiate dall’incrociatore RSI, la tv pubblica finanziata con il canone e destinata a servire l’utenza svizzera di lingua italiana. I due vettori locali della comunicazione televisiva sono complementari o concorrenti, in un’epoca che vede i media digitali (internet e social al seguito) irrompere caoticamente nella comunicazione giornalistica? 

Questo e altri interrogativi abbiamo sottoposti a uno studioso di giornalismo digitale presso l'Istituto di Media e Giornalismo (IMeG) dell'Università della Svizzera italiana (USI), il professor Colin Porlezza.

Professore, per capire il contesto nel quale 30 anni fa emetteva i suoi primi vagiti la piccola tv privata nostrana, è forse utile ricostruire a grandi linee il processo di nascita delle emittenti pubbliche e private (radiofoniche prima e nella loro scia televisive in seguito). 
"Diciamo che negli Stati Uniti, la liberalizzazione dei media radiofonici e televisivi è stata quasi immediata, favorendo una rapida crescita di questo mezzo di comunicazione; lo Stato federale è intervenuto solo per favorire la creazione di tre grandi network radiofonici propriamente nazionali (che raggiungessero anche le distese rurali): NBC, CBS e ABC. In Europa, invece, la storia è stata diversa. La maggior parte dei Paesi ha preferito istituire aziende radiotelevisive statali o parastatali (tra le prime la BBC, nel 1922). Va ricordato che si era nel periodo tra le due guerre". 

Quindi, il prevalere di ragioni politico/nazionaliste (e Göbbels ne darà purtroppo illustrazione…).
"Sì, ma questa scelta era anche concretamente motivata dalla scarsità delle frequenze radio, molte delle quali erano utilizzate per scopi militari".

E in Svizzera?
"I primi esperimenti radiofonici iniziarono nel 1921 con la creazione di club radiofonici che testavano le nuove tecnologie. Nel 1922 nacque una delle prime emittenti a Losanna, Radio “Champ de l’air" (in quanto legata a un aeroporto). Poi, nel corso degli anni '20, ecco altre cooperative sperimentali, come "Radio Hönng" a Zurigo. I costi elevati delle infrastrutture portarono alla creazione della SRG SSR nel 1931, consolidazione di diverse cooperative radiofoniche sotto un’unica concessione federale, con lo scopo di contrastare la concorrenza delle emittenti straniere. Di lì agli anni '70, la situazione cambiò poco, a parte l’espansione sul medium televisivo. Fu con la nascita delle prime emittenti private illegali, come “Radio Caroline” nei mari al largo del Regno Unito e “Radio North Sea International”, sostenuta anche da investitori svizzeri, che la pressione per liberalizzare il settore aumentò. Nel 1976, una svolta significativa arrivò dalla Corte Costituzionale italiana che permise la trasmissione di emittenti private, influenzando anche la Svizzera: Roger Schawinski nel 1977 iniziò a trasmettere la sua Radio 24 dalle alpi italiane verso Zurigo. Solo nel 1982, la Svizzera introdusse una regolamentazione sperimentale che consentì la trasmissione di un numero limitato di emittenti private".

Come ha inciso questa dinamica nella nascita dei media privati ticinesi e di Teleticino in particolare?
"La situazione nella Svizzera italiana è stata particolarmente influenzata dalla liberalizzazione delle radio libere in Italia nel 1976. I cittadini ticinesi potevano facilmente captare le trasmissioni di numerose emittenti private italiane. Questa situazione ha creato una pressione verso l'apertura del mercato radiotelevisivo anche in Ticino. Alle origini l’emittente di Melide trasmetteva all’interno di Telecampione, con antenna da oltreconfine".

Che ruolo assumono le emittenti private?
"Queste emittenti, le radio dotate di concessione come Radio 3i e RadioTicino, nonché Teleticino, svolgono un parziale servizio pubblico, finanziato in parte anche attraverso il canone, e offrono un’importante alternativa locale e regionale alla programmazione della RSI". 

E nel caso, in particolare, di Teleticino?
"Teleticino ha il suo punto di forza nell’informazione regionale, la parte della sua offerta che raccoglie i maggiori ascolti. Sebbene la quota di mercato complessiva sia intorno al 2,7% (ma da tempo in crescita), il ruolo di Teleticino e delle radio private è importante per la varietà di voci che offre alla comunità ticinese".

Ci pare che l’emittente di Melide abbia puntato sempre più negli anni sulla -diciamo- “neutralità informativa” della sua proposta, diversamente da altre “sorelle” oltre Gottardo. Come giudica questa scelta?
"Su questa opzione di Teleticino non ho ancora dati scientifici per esprimermi. Tuttavia, basandomi sui dati esistenti, come quelli riportati nel noto "Annuario della qualità dei media”, posso osservare alcune tendenze. Teleticino si distingue per una qualità informativa regionale relativamente buona rispetto ad altre emittenti private svizzere. Nel suo ambito, il lavoro svolto da Teleticino è di un livello qualitativo apprezzabile. Negli ultimi anni, si è notato un miglioramento nella qualità della copertura informativa, il che potrebbe essere correlato a un leggero aumento della sua quota di mercato. Nonostante la quota di mercato di Teleticino sia piuttosto limitata, è comunque proporzionalmente superiore a quella di altre emittenti private in Svizzera. Un dato che può essere significativo nella valutazione complessiva del ruolo di Teleticino nel panorama mediatico svizzero".

La linea editoriale scelta dall’emittente di Melide può essere determinata dal fatto che in Ticino difficilmente c'è spazio per più di una televisione privata?
"Buona domanda, sulla quale si potrebbe riflettere a lungo. Di certo c’è che, dal punto di vista del mercato, pensare a un'altra emittente privata in Ticino è difficile. La Svizzera italiana è un mercato particolare, segnato dalla concorrenza di RSI e delle emittenti italiane. Teleticino è un marchio consolidato, un'altra emittente privata difficilmente potrebbe essere finanziata, dato che probabilmente non riceverebbe una concessione e dunque i soldi del canone. Un “sì” all’iniziativa per ridurre il canone a 200 fr, libererebbe molti professionisti specializzati, ma la RSI resterebbe lo stesso la prima tv locale e dunque non sarebbe pensabile, nel mercato del Ticino, un grande travaso di pubblicità verso altre realtà".

Nel digitale, ci sono anche nuovi canali simili a televisioni che lavorano su piattaforme come YouTube. Questa potrebbe essere una prospettiva da considerare?
"Sicuramente, e sarà una sfida crescente. Le generazioni più giovani stanno cambiando il modo in cui consumano contenuti mediatici. La televisione lineare non è quasi più guardata, vince l’on-demand. Gran parte dei giovani si rivolgono a piattaforme come YouTube o TikTok e a influencer che non fanno parte dell'offerta mediatica tradizionale. Questi trend stanno influenzando sia i servizi pubblici che le emittenti private". 

In che modo, per esempio?

"Basti guardare come Teleticino e il gruppo CdT stiano cercando di intercettare questi trend, integrando e creando sinergie tra televisione, radio, web e carta stampata. Anche la televisione di servizio pubblico, con progetti come “WeTube”, insegue contenuti e formati più interessanti per i giovani, come podcast o brevi video, magari con uno stile giornalistico meno tradizionale e più orientato all'intrattenimento".

L’abbandono dei vettori informativi tradizionali è documentato? 
"Empiricamente, posso dire che il 90% dei miei studenti afferma di seguire "contenuti audiovisivi"  soprattutto attraverso piattaforme come YouTube o TikTok. La televisione è vista solo occasionalmente, soprattutto per programmi di intrattenimento come il Grande Fratello. Il pubblico televisivo - questo è assodato- ha in media 60 anni".

E la pubblicità ne trae le sue conseguenze… I giovani seguono anche i portali gratuiti di informazione?
"Raramente. La maggior parte di loro riceve informazioni attraverso i social media da fonti diverse, senza una relazione stabile con una fonte specifica. Non si preoccupano di sapere da dove provenga l'informazione, il che li porta spesso a faticare nel valutare la credibilità delle notizie".

C’è una possibile analogia tra la nascita delle radio/tv private e quella dei media digitali, quasi come una contestazione al panorama mediatico costituito?
"Mi sembra difficile intravedere un parallelismo, perché l’introduzione delle emittenti private, in Svizzera ad esempio, ha richiesto una decisione del Consiglio federale, caduta peraltro tardi. In Rete non ci sono mai stati limiti legali. I media digitali sono arrivati alla fine degli anni '90, introdotti addirittura in alcuni Paesi dagli stessi media tradizionali, come in Italia il “Corriere della Sera” o la BBC nel Regno Unito. Anche la “Neue Zürcher Zeitung” è stata tra i primi giornali a introdurre un sito web".


 

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