Paolo Pamini presenta la "mozione popolare". Un nuovo strumento per una democrazia diretta ancor più partecipata. Ecco come funzionerebbe

a cura della redazione de ilfederalista.ch
Votare per suggerire al Governo di affrontare un determinato tema, oppure per chiedere che operi una decisa sterzata su un particolare dossier. Fra qualche anno i cittadini svizzeri potrebbero essere chiamati alle urne non solo per abrogare leggi prodotte dall’Assemblea federale o modificare la Costituzione, bensì anche per decidere di recapitare mozioni popolari direttamente ai Sette Saggi.
Insomma, si tratterebbe di un nuovo strumento di democrazia diretta. L’iter per introdurlo nella Costituzione è solo agli inizi, ma la notizia è che il Consiglio federale ha dato il suo avallo alla richiesta, avanzata in contemporanea da una raffica di postulati di parlamentari di vari partiti. Paolo Pamini è autore di uno di questi postulati.
Pamini, che cosa aggiungerebbe la mozione popolare rispetto agli strumenti a disposizione del popolo svizzero? Non esiste già lo strumento della petizione?
"Certo, ma la petizione è uno strumento che consente di raggiungere il Parlamento e può essere presentata anche da una singola persona -persino qualora non fosse cittadino svizzero-, che dovrà cercare di raccogliere quante più firme a sostegno. Il suo impatto è però limitato. Quanto all’iniziativa popolare costituzionale, si tratta di uno strumento “pesante”: richiede l’approvazione della doppia maggioranza di popolo e Cantoni e spesso finisce per inserire nella Costituzione temi che non avrebbero davvero rango costituzionale. La mozione popolare colmerebbe un vuoto, posizionandosi a metà strada".
E come funzionerebbe, in concreto?
"La mozione, a differenza di un’iniziativa popolare legislativa (presente peraltro solo a livello cantonale), non presenterebbe un testo di legge già pronto, ma un mandato. Funzionerebbe come una mozione parlamentare: se approvata dal voto popolare, dopo raccolta delle firme (quante, andrà stabilito, ma certo meno delle 100mila richieste per l’iniziativa), imporrebbe al Consiglio federale di “fare qualcosa”: cambiare una legge, modificarne una prassi, rivedere un’ordinanza o proporre una nuova regolamentazione. Non sarebbe rigidamente vincolante, come non lo sono le mozioni parlamentari: oggi il Governo ha il diritto di non attuarle ma deve giustificarsi, entro due anni, di fronte alla Commissione parlamentare competente sul tema. Ciononostante, la mozione sarebbe uno strumento politico forte, perché imporrebbe una presa di posizione del CF".
Qual è la filosofia che soggiace a quest’idea?
"Rafforzare la partecipazione popolare. Permetterebbe di affrontare temi che oggi rischiano di finire nella Costituzione solo in quanto non esiste un’alternativa. Si pensi al famoso caso della regolamentazione sulle corna delle mucche sul quale il popolo fu chiamato a votare alcuni anni fa... Aiuterebbe, insomma a “sgravare” la Costituzione e a dare ai cittadini un mezzo più agile per orientare il lavoro del legislatore".
A proposito dell’efficacia di un simile strumento, cosa dicono le esperienze dei Cantoni che già ne prevedono il diritto (Neuchâtel, Friburgo, Soletta e Appenzello Esterno)?
"Le esperienze, là dove se n’è fatto uso, sono generalmente positive. Per accertarmene, sono andato a raccogliere informazioni direttamente da chi ne conosce l’uso nella pratica. Ad esempio, il consigliere nazionale Rémy Wyssmann, presidente dell’UDC di Soletta, co-firmatario del mio postulato. Soletta è un Cantone nel quale la mozione popolare viene usata regolarmente, come pungolo nei confronti del Governo cantonale. Ma attenzione: non si tratta di uno strumento “di destra”. A livello federale, infatti, l'input è venuto da Delphine Klopfenstein Broggini, dei Verdi ginevrini (depositaria di un suo postulato; altri postulati a favore sono stati depositati in contemporanea anche da Nina Schläfli, Socialista, Marc Jost, Centro-PEV, Maya Bally, Centro-PEV, e Beat Flach, Verdi liberali). In alcuni Cantoni lo usa in prevalenza la sinistra, in altri la destra: dipende dagli equilibri locali. Ciò dimostra che si tratta genuinamente di uno strumento di democrazia diretta, non di un arnese di parte"
Lei è parso sorpreso dell'approvazione dell’idea da parte del Consiglio federale. Perché, a suo parere, il CF si è espresso favorevolmente?
"È sorprendente in quanto per solito l’esecutivo è molto prudente ogni qual volta si tratti di introdurre nuovi strumenti istituzionali. Già nel 2012 vi era stata una proposta simile -di Thomas Minder (UDC)- che allora fu accantonata senza grande attenzione. Credo però che oggi il contesto sia cambiato radicalmente. Due fattori in particolare hanno inciso, penso: la rivoluzione dei social media e l’esperienza del covid. Entrambi hanno accentuato la polarizzazione e alimentato una crescente distanza tra popolazione e istituzioni. Non ai livelli di altri Paesi, ma comunque in modo significativo. La mozione popolare va proprio nella direzione opposta: rafforza la responsabilità del sistema politico di fronte al popolo e crea un canale in più per riavvicinare i cittadini alle istituzioni".