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27.09.2020 - 09:230

Intervengono le donne popolari democratiche: "Non si lasci cadere il tema abusi e si analizzino il funzionamento e le azioni delle CPI"

L'Associazione Donne PPD è preoccupata: "Il no alla CPI è stato dovuto anche alla paura di esporre le vittime a sofferenze ulteriori: il Parlamento non sembra fidarsi dei propri organi. Ci si chini sul problema"

BELLINZONA – L’Associazione Donne PPD torna sull’ormai nota decisione del Gran Consiglio di non istituire una Commissione Parlamentare d’Inchiesta “per appurare l’operato dell’amministrazione cantonale in relazione a molestie sessuali subite da proprie collaboratrici nel contesto lavorativo”.

Esprime “il proprio disappunto per la decisione parlamentare che lascia senza risposta la necessità di verificare che all’interno dell’amministrazione pubblica vi siano comportamenti omertosi e idonei al crearsi di situazioni in cui alcuni si sentano di poter usare violenza contro le donne. Le molestie sessuali, comportamenti odiosi e criminali individuali per i quali la magistratura è chiamata ad intervenire e punire, nascono purtroppo in un clima culturale e aziendale di tacita connivenza e sopportazione di comportamenti inidonei, e questo non è in alcun modo tollerabile”, si legge nella nota.

“Vorremmo anche sottolineare la nostra preoccupazione per il fatto che la decisione del Gran Consiglio di non ritenere idonea una commissione d’inchiesta per l’analisi della questione molestie sia stata dovuta alla preoccupazione che una commissione avrebbe potuto esporre le vittime a ulteriori sofferenze, con ciò non confidando nella propria capacità di gestire in modo opportuno un tema tanto importante e al tempo stesso delicato”, spiegano poi le donne popolari democratiche, toccando i motivi del no. “Ciò è forse il frutto anche alla cattiva gestione di precedenti commissioni. Tuttavia lo strumento istituzionale delle commissioni d’inchiesta è e deve rimanere uno dei cardini di intervento laddove il Cantone debba fare luce sul proprio operato attraverso un processo interno di analisi e verifica”.

E adesso? “Scartata la commissione d’inchiesta ci si chiede dunque come intenda il Cantone provvedere ad un’analisi attenta e super partes della propria gestione, non solo e non tanto del caso specifico, di cui si sta comunque occupando la magistratura, quanto dell’atteggiamento generale nei confronti delle molestie sessuali all’ interno della propria organizzazione, che lo ricordiamo, soffre degli stessi problemi, ad esempio, di sotto rappresentazione delle lavoratrici in cariche apicali, della stragrande maggioranza delle aziende ticinesi”. Una richiesta simile a quella di Fiorenzo Dadò, dunque.

“L’individuazione di eventuali problemi all’interno delle istituzioni pubbliche nella gestione delle molestie sessuali, a fronte di un caso emerso chiaramente, rimane dunque ad oggi senza soluzione, così come il problema istituzionale di un Parlamento che ci sembra non si fidi dei propri organi”, osserva con amarezza l’Associazione.

Da questo caso, nascono due richieste: “non lasciar cadere nel nulla la questione molestie sessuali in seno all’amministrazione pubblica, rivedendo seriamente quei processi di denuncia e intervento tempestivo che consentano un’adeguata sorveglianza all’interno delle amministrazioni cantonali affinché le molestie sessuali, così come ogni altra forma di lesione della dignità delle lavoratrici non si verifichino e comunque non vengano tollerate” e “che si faccia un’analisi seria sulle modalità di funzionamento e azione delle commissioni parlamentari d’inchiesta affinché questo strumento previsto dall’ordinamento cantonale non perda il proprio importante ruolo di presidio di verifica e controllo”.

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