POLITICA E POTERE
Bignasca: "Le commissioni paritetiche ticinesi controllano molto di più che quelle del resto del Paese. E intimoriscono le aziende"
"Forti degli sterminati mezzi finanziari accumulati, e in mancanza di chiare regole atte a impedire possibili forme di eccesso e di abusi amministrativi, sono nella condizione di agire fuori da ogni schema di controllo", così vengono definite le CP

BELLINZONA - Le commissioni paritetiche stanno diventando un problema per le aziende? Dovrebbero verificare che le disposizioni normative contenute nei CCL, come la stipulazione, il contenuto e la fine del contratto individuale di lavoro, siano rispettate ed applicate correttamente da tutti gli attori (datori di lavoro e lavoratori) attivi nello stesso settore professionale e evitare che un'azienda si avvantaggi rispetto ad altre con concorrenza sleale (secondo la definizione di CP) ma in realtà si comportano da soggetti autocratici, troppo burocratizzati e forti delle loro risorse?

Sono le accuse contenute in un'interrogazione dei deputati leghisti Boris Bignasca, Sabrina Aldi, Massimiliano Robbiani, Bruno Buzzini, Maruska Ortelli, Michele Foletti, Michele Guerra, Andrea Censi, Lelia Guscio, Omar Balli, Sem Genini e Fabio Badasci. Che così sintetizzano quanto percepiscono: "CP sempre più ricche, aziende e lavoratori sempre più in difficoltà".

Quello che fiutano nell'aria è che "da organi di partenariato sociale, le Commissioni paritetiche (CP) si siano trasformate in soggetti autocratici. Molte aziende ormai soggiacciono a queste autorità dovendo soccombere alla burocrazia sterminata che esse impongono. Le imprese dei diversi settori, sono sottoposte a sempre più pressanti controlli e verifiche amministrative attraverso le Cp. Il confronto intercantonale in questo senso rende bene l’idea di quanto i controlli siano eccesivi rispetto alle altre realtà elvetiche", spiegano.

"Le CP, forti degli sterminati mezzi finanziari accumulati, e in mancanza di chiare regole atte a impedire possibili forme di eccesso e di abusi amministrativi, sono nella condizione di agire fuori da ogni schema di trasparente controllo. I cospicui mezzi finanziari che confluiscono nello loro casse, sono nell’ordine delle decine di milioni e sono ormai avulsi da qualsiasi tipo di controllo sostanziale", tornano ad accusare.

Addirittura, sono convinti che "molte piccole e medie imprese non hanno sufficienti mezzi finanziari per reggerne il confronto in caso di contenzioso. E da più parti, dunque, si avvertono reazioni e lamentele di imprese che, pur rispettando le regole contrattuali, si sentono spesso intimiditi dalle CP che sovente assumono atteggiamenti inaccettabili".

Per quanto concerne i lavoratori e lavoratrici, essi "si sentono sempre meno coinvolti e informati, sia nell’ambito dei sussidi da destinare alla formazione e la riqualificazione professionale continua, sia per la mancanza di trasparenza nella gestione delle ingenti risorse finanziarie incamerate".

Una situazione decisamente poco rosea e soprattutto equa, quella descritta dai leghisti che in un'interrogazione con primo firmatario Boris Bignasca chiedono al Consiglio di Stato:

"1. Il Consiglio di Stato non ritiene sia il caso di fare le opportune verifiche sulla reale portata
dei mezzi finanziari che confluiscono nelle diverse Commissioni paritetiche?

2. Il Consiglio di Stato ha a disposizione i bilanci delle commissioni paritetiche?

3. Corrisponde al vero che le CP hanno a disposizione risorse per decine e decine di milioni?

4. Con l’aumento dei contratti collettivi di lavoro nei diversi settori, il Consiglio di Stato ha
valutato l’opportunità di dover stabilire nuove normative orientate a scongiurare possibili
incongruenze amministrative, inserendo per esempio l’obbligo di rendere pubblici i bilanci
annuali?"

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