di Andrea Leoni
C’è il problema e c’è la soluzione. Tutto il resto sono fumogeni, giochetti partitici, noia. Parliamo della successione di Marina Carobbio al Consiglio degli Stati. Solo l’assenza di logica e buonsenso rischia di creare da un filo lineare una matassa ingarbugliata.
La decisione della senatrice ticinese di candidarsi alla successione di Manuele Bertoli in Governo, è la mossa che ha propiziato l’inghippo. Un’inghippo, tuttavia, di semplice soluzione, quasi ovvia. Se infatti Carobbio si dimettesse con la fine di quest’anno, ci sarebbe tutto il tempo per organizzare delle elezioni suppletive ordinate. E fine della storia.
Invece no perché la Consigliera agli Stati non intende lasciare lo scranno bernese prima dell’eventuale elezione in Governo a Bellinzona. Parliamo del 2 aprile. È questa decisione, e solo questa, a trasformare un filo logico nella matassa ingarbugliata di cui si diceva. Una scelta, ben inteso, del tutto legittima ma gravida di conseguenze. Tocca al PS e a Carobbio assumersi questa responsabilità davanti all’opinione pubblica.
Ma ciò non sembra essere il caso. I vertici socialisti hanno infatti tentato di collettivizzare il problema, coinvolgendo gli altri partiti. Da qui sono nate una sfilza di ipotesi, alcune delle quali davvero fantasiose, per tentare di sanare quella che oggettivamente sarebbe una successione pasticciata: due turni di votazione da organizzare tra aprile e giugno - o addirittura con ballottaggio a settembre - per eleggere il nuovo o la nuova rappresentante agli Stati. Per poi rifare lo stesso esercizio tra ottobre e novembre, al rinnovo naturale dei poteri.
Finora solo il PLR sembra voler offrire una sponda ai socialisti. Ma questa disponibilità sta facendo nascere parecchi cattivi pensieri all’interno del partito di Alessandro Speziali. Perché il soccorso al PS non pare disinteressato. C’è chi lo interpreta come un modo per sbarrare la strada a Natalia Ferrara - subentrante al Nazionale nel caso Alex Farinelli fosse eletto agli Stati - a vantaggio di altre candidature. Speziali smentisce seccamente.
Ma tornando al punto. Il PS avrebbe avuto ragione a chiedere l’aiuto delle altre forze politiche, qualora si fosse presentata una situazione “emergenziale” o irrisolvibile senza un intervento straordinario da parte del Gran Consiglio. Se insomma non ci fossero per davvero alternative al vicolo cieco in cui ci si sta cacciando. In questo caso si sarebbero potute giustificare modifiche di legge last minute. Ma, come detto, non c’è né un’emergenza né un rompicapo. C’è però una comoda soluzione a portata di mano: l’uscita tempestiva di Carobbio.
I co-presidenti del PS, tuttavia, hanno spiegato che la senatrice non intende fare questo passo anzitempo, poiché tale scelte sarebbe interpretata come una sorta di atto di presunzione, irrispettoso verso gli elettori e gli altri colleghi di lista. Sarebbe come sbandierare la certezza di essere eletta a Bellinzona. Una motivazione piuttosto fragile, con risvolti da boomerang. In primo luogo perché con la scelta di candidarsi al Consiglio di Stato Marina Carobbio ha de facto già scelto la politica cantonale a scapito di quella federale. Se per ipotesi non fosse eletta in Governo, con quale credibilità potrebbe ripresentarsi per un secondo mandato agli Stati, dopo essere stata pronta ad abbandonare la Camera Alta dopo neppure una legislatura? In secondo luogo tale motivazione porta in dote un sottinteso scivoloso. Perché è come dire che fintanto che la poltrona a Bellinzona non è sicura, non si lascia quella di Berna. Ma questo può mai, seriamente, diventare un tema di cui deve occuparsi il Parlamento cantonale?
Da qualunque parti la si guardi, la ragionevolezza suggerisce che Marina Carobbio lasci il suo seggio agli Stati con la fine dell’anno. Sarebbe l’unica soluzione “pulita”. Siamo certi che se farà questa scelta istituzionale a vantaggio del Ticino, la senatrice sarà la prima a beneficiarne a livello di stima e di consensi.