Amalia Mirante: "In momenti di difficoltà finanziaria, è giusto chiedere a tutti uno sforzo di equilibrio. Nessuno propone tagli ciechi, ma una redistribuzione intelligente e più equa"
*Di Amalia Mirante
Nel bilancio della cultura ticinese c’è una voce che vale milioni: il fondo Swisslos. Ogni anno, tramite questo strumento finanziato dai giochi in denaro, il Cantone sostiene numerose iniziative culturali, sociali e civiche. Ma chi riceve davvero questi fondi? E chi resta escluso?
Secondo il rendiconto 2024, quasi 11.5 milioni di franchi, più della metà delle risorse, sono andati a tre soli enti: l’Orchestra della Svizzera italiana (4 milioni), il Festival del film di Locarno (3,9 milioni) e il Museo d’Arte della Svizzera italiana (3,4 milioni). Siamo di fronte a istituzioni di qualità, nessuno lo mette in dubbio. Ma il punto è un altro: quanto spazio resta per tutto il resto del panorama culturale ticinese? Per le associazioni locali, le rassegne nei piccoli comuni, i media regionali, i progetti emergenti?
Come gruppo Avanti con Ticino&Lavoro, abbiamo depositato in Gran Consiglio un’interrogazione per chiedere trasparenza e riequilibrio. Vogliamo sapere con quali criteri vengono assegnati gli importi. Perché alcuni progetti ricevono contributi milionari e altri, magari di pari impatto territoriale, neanche una risposta? E soprattutto: quante richieste sono state respinte negli ultimi anni? Quanti sono i soggetti culturali che si sono sentiti dire “i soldi non ci sono”?
Una delle questioni centrali riguarda anche l’informazione. In Ticino, il pluralismo mediatico è sempre più a rischio. Testate locali chiudono, le redazioni si riducono, intere aree del territorio non sono più seguite da nessun cronista. Eppure, un giornale che documenta con rigore ciò che accade in un comune, che racconta i cambiamenti del territorio, svolge una funzione pubblica non inferiore a quella di un museo o di un teatro.
Perché allora non prevedere una linea di sostegno strutturata per i media locali, a partire proprio dal fondo Swisslos? Se il Cantone può finanziare concerti e mostre – giustamente – perché non può contribuire anche a salvare la voce di una comunità che rischia di spegnersi?
Proprio per favorire una redistribuzione più equa, abbiamo presentato un emendamento puntuale alla nuova convenzione con il Locarno Film Festival per il periodo 2026–2030. La proposta è semplice: ridurre del 5% il contributo annuo cantonale, portandolo da 3,4 a 3,23 milioni. Si tratta di un risparmio complessivo di 850'000 franchi sul quinquennio. Una cifra contenuta per il Festival – meno dell’1% del suo budget annuo – ma significativa per altre realtà culturali oggi escluse dai finanziamenti per mancanza di fondi disponibili.
Non è una punizione, ma una scelta strategica e sostenibile. Il Locarno Film Festival ha già dimostrato di sapersi finanziare sempre meglio, anche con fondi privati. E ridurre moderatamente il contributo pubblico può essere uno stimolo positivo alla diversificazione delle entrate. Inoltre, questa misura libererebbe risorse Swisslos preziose, che potrebbero andare a progetti culturali, artistici o giornalistici oggi privi di sostegno.
C’è infine un tema di trasparenza istituzionale. Il Consiglio di Stato viene invitato, ogni anno, a decine di eventi finanziati con fondi Swisslos. A quanti ha partecipato? Con quali criteri si decide dove andare e dove no? Non rischiamo di creare, senza volerlo, una forma di legittimazione politica selettiva, dove solo alcune realtà culturali godono di visibilità e riconoscimento?
In momenti di difficoltà finanziaria, è giusto chiedere a tutti uno sforzo di equilibrio. Nessuno propone tagli ciechi, ma una redistribuzione intelligente e più equa. La cultura ticinese non si esaurisce in tre sigle, per quanto prestigiose. E la democrazia non vive senza informazione diffusa e indipendente.
È tempo di fare domande. E di rimettere al centro chi, oggi, resta ai margini.
*Deputata di Avanti con Ticino&Lavoro