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01.07.2019 - 13:470
Aggiornamento: 02.07.2019 - 17:59

L'anno scorso abbiamo pagato 4 milioni per le pensioni degli ex ministri! Nessun cantone come il Ticino. È ora di abolire questo assurdo privilegio

La domanda è semplice: per quale ragione un consigliere di Stato deve ricevere un vitalizio quando cessa la sua attività politica? La risposta è altrettanto semplice: per nessuna ragione!

La domanda è molto semplice: per quale ragione un consigliere di Stato deve ricevere un vitalizio quando cessa la sua attività politica (vitalizio che, e ci mancherebbe altro, viene ridotto o non versato nel caso in cui l’ex ministro abbia altre entrate professionali)? La risposta è altrettanto semplice e a nostro parere univoca: per nessuna ragione!

 

È davvero ora di abolire questo privilegio antistorico che in Ticino resiste da decenni e che gli altri cantoni hanno abbandonato o stanno progressivamente abbandonando. Un privilegio all’italiana che ha resistito perfino alle varie epoche di austerity e di tagli alla spesa cantonale da lacrime e sangue.

 

I difensori di questo regime sostengono che senza la garanzia del vitalizio la ‘professione’ di ministro sarebbe meno attrattiva e si faticherebbe a trovare candidati. Per quale motivo? Per il presunto rischio della non rielezione.

 

La motivazione è assai poco credibile per diversi motivi.

Primo: di ministri non rieletti ne abbiamo visti davvero pochi in questi decenni.

 

Secondo: in un quadriennio un consigliere di Stato si porta a casa un milioncino di stipendio e una parte di quel non trascurabile guadagno potrebbe accantonarla per i tempi di improbabile ‘carestia’. Ma se anche il problema della futura garanzia di sopravvivenza fosse reale, basterebbe aumentare leggermente il salario dei ministri, come hanno fatto i cantoni che hanno soppresso il vitalizio.

 

Terzo: i consiglieri di Stato non hanno iniziato a lavorare (così almeno si presume) al momento della loro elezione, e hanno dunque accumulato una rendita pensionistica, e alla fine del loro mandato, se pagassero i contributi, come logica imporrebbe, avrebbero anche una rendita ‘statale’. Quindi dovrebbero farci il favore, una volta terminato il loro mandato, di tornare a lavorare fino all’età della pensione, e di non vivere di rendita alle spalle dei contribuenti. Perché non si vede il motivo per cui i contribuenti dovrebbero finanziare la pensione di gente che magari ha solo 50 anni o ancora meno…

 

Quarto: non abbiamo memoria di ex consiglieri di Stato rimasti involontariamente disoccupati al termine del loro mandato. Va infatti considerato che chi viene eletto in Governo, anche rimanendo in carica un solo quadriennio (cosa che accade molto ma molto raramente), beneficia comunque di una visibilità che con un po’ di buona volontà gli consentirà di trovarsi un altro lavoro. Inoltre, sappiamo che i partiti sanno provvedere a garantire la sopravvivenza di coloro che, come si dice, “si sono messi a disposizione”.

Quindi, basta con queste frottole.

 

Eppure, nonostante ragionamenti appena illustrati non facciano una grinza, il Ticino non è solo uno dei pochi cantoni che conserva ancora questo privilegio assurdo, alla faccia della gente che ogni giorno deve farsi i conti in tasca per mangiare, pagare le imposte, l’affitto e la cassa malati e fare i conti per sapere se può permettersi una vacanza. No, il Ticino è anche il cantone che spende di più in assoluto per garantire una dorata quiescenza agli ex ministri o, nel caso in cui siano nel frattempo deceduti, ai loro famigliari.

 

L’anno scorso dalle casse cantonali sono usciti oltre quattro milioni di franchi in pensioni per gli ex consiglieri di Stato! La ‘SonntagsZeitung’ di ieri ha confrontato questa somma a quelle pagata dagli altri cantoni anche ancora mantengono il privilegio. Il Ticino stacca nettamente Vaud (2,5 milioni), Ginevra (2,27), Friburgo (2,16), Neuchâtel (2), Argovia (1,97).

 

Non solo: il domenicale ha calcolato che noi contribuenti grulli (perché va ricordato che ancora oggi i ministri non sono affiliati alla cassa pensioni e dunque non pagano contributi pensionistici) versiamo ogni anno agli ex consiglieri di Stato poco meno di quanto la Confederazione versa a 17 ex consiglieri federali, quattro ex cancellieri e due vedove (4,4 milioni).

 

Intanto anche nella Svizzera romanda la tradizione di concedere la pensione a vita agli ex ministri sta pian piano scomparendo. Friborgo è l’ultimo cantone ad aver deciso di abbandonare questo modello, considerato antistorico.

 

Il Vallese ha eliminato il vitalizio nel 2014, aumentando come contropartita la retribuzione dei ministri da 245mila a 300mila franchi l’anno. Il Giura ha seguito l’esempio due anni fa, affiliando i consiglieri di Stato all’istituto di previdenza cantonale (cosa che il Ticino non ha ancora fatto nonostante il Parlamento abbia deciso la misura  ben tre anni fa!), esattamente come gli altri impiegati statali. Anche in questo caso gli stipendi dei ministri sono stati aumentati.

 

Ginevra potrebbe essere il prossimo cantone a seguire questa via, e se così sarà, solo due cantoni romandi continueranno a garantire il vitalizio ai loro ex ministri: Vaud e Neuchâtel. Ai quali vanno aggiunti Grigioni e Svitto (a Berna il modello è misto) e l’Amministrazione federale.

 

Ricordiamo che in Ticino il Partito socialista e il sindacato Vpod hanno depositato nella primavera scorsa l’iniziativa popolare ‘Basta privilegi ai consiglieri di Stato!’ che chiede l’affiliazione dei cinque ministri all’Istituto di previdenza cantonale, affinché vengano trattati come tutti i dipendenti dello Stato e paghino i regolari contributi.

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