di Pierre Rusconi*
Mai iniziativa UDC fu più funesta, non nella sostanza ma nella sua promozione. Una denominazione irripetibile degna di uno scioglilingua e un supporto propagandistico senza nessun impatto mediatico. Chi l’ha dovuta sostenere nei dibattiti si è trovato a disquisire di termini legali tediosi e controversi senza un punto fermo e in balia di una pletora di azzeccagarbugli avvezzi a simili tematiche da aula giudiziaria.
L’UDC si è trovata a battersi sul campo avverso, quello del “politically correct”, tanto caro a chi la denigra e non è riuscita ad attirare i suoi avversari sul proprio terreno dove in passato ha tenuto le redini del confronto.
Non so quanti elettori hanno recepito appieno il contenuto dell’autodeterminazione e di fronte al dubbio di cacciare il Paese in un pasticcio legale hanno preferito lo status quo.
L’UDC faccia l’UDC e ritorni ad essere quel partito diretto e comprensibile alla popolazione. Una campagna priva di mordente e di una strategia chiara ha portato ad un risultato prevedibile e giustificato dalla paura di inimicarci il resto del mondo.
Mi auguro che questo inciampo porti la dirigenza del partito a rivedere le sue strategie di comunicazione. Le elezioni incombono, sia in Ticino che a livello federale, questa sconfitta serva a far tornare il partito alle sue origini e lasci il “politically correct” a chi lo sa utilizzare in ben altro modo.
La politica la si fa con la testa ma spesso si vota di pancia.
*Giâ presidente UDC