SECONDO ME
Fiorenzo Dadò: "Abbandonare le valli? Un’idea demenziale!"
"Avenir Suisse, il pensatoio liberale orientato all’economia di mercato è convinto che spendere milioni per proteggere i villaggi alpini sia privo di senso"
TiPressMassimo Piccoli

di Fiorenzo Dadò (editoriale pubblicato su Popolo e Libertà)

Alla luce dei disastri naturali avvenuti alla fine di giugno in Svizzera, bisognerebbe abbandonare le valli disincentivando le persone ad abitarle. Ammucchiamoci tutti in città e lasciamo i verdi pascoli di Heidi - tanto cari anche agli zurighesi - a lupi, cervi e aquile. È questa la geniale idea scaturita negli ambienti di Avenir Suisse, il pensatoio liberale orientato all’economia di mercato convinto che spendere milioni di franchi per proteggere i villaggi alpini sia oramai privo di senso, un vero e proprio spreco di denaro.

Abbandoniamo le città perché si muore dal caldo?

Gli studi chiariscono come già oggi, ma ancor più in futuro, nelle città aumentino i decessi dovuti al caldo sempre più intenso e soffocante. Intervenire, dove sarà possibile, avrà dei costi enormi e potrebbe non dare gli effetti sperati. Tuttavia, nessuno si sognerebbe di costringere le persone che abitano negli agglomerati urbani a lasciare le loro dimore per trasferirsi in periferia, dove la natura e il bosco offrono un ambiente più fresco e meno problematico per la salute. Stesso discorso vale per le regioni alpine. L'insediamento decentrato è sancito dalla Costituzione federale.

Dove è possibile vanno improntate le misure di protezione e nei casi più estremi andranno aiutate le persone (anche economicamente) a trovare una soluzione alternativa e ottimale per il loro futuro; in città come in montagna. Nei millenni la vita dell’uomo sulla terra è stata costellata da difficoltà e calamità. Nella maggioranza dei casi i nostri avi hanno saputo reagire con intelligenza e adattamento, affrontando gli eventi e studiandoli per trovare delle soluzioni. È esattamente quello che possiamo fare noi. Imparare dagli errori, adattarci dove possibile e accettare che la natura è imprevedibile, non può essere controllata a piacimento e sarà sempre più forte di noi.

La strategia non è l’abbandono, ma progetti di rinascita e protezione

L’abbandono non è ovviamente un’opzione e queste strampalate teorie vanno rimandate al mittente con decisione. Dobbiamo per contro migliorare la protezione dei villaggi e laddove si intravvede un pericolo non tergiversare, ma intervenire. Occorre quindi prendere l’occasione per rivitalizzare le periferie, dando una spinta decisiva ai progetti che stentano a decollare. Pitturare i villaggi di rosso e decretare l’inabitabilità delle zone vicino ai fiumi o ai riali deve rimanere l’ultima ratio, non la scusa per evitare responsabilità politiche e altri costi allo Stato. Se oggi i fiumi si sono ridotti a distese di ghiaia e l’alveo si è alzato a dismisura invadendo i paesi è anche perché è stato vietato il prelievo di inerti, importati poi dall’Italia. Lo sfruttamento idroelettrico eccessivo ha poi fatto il resto, impedendo il normale deflusso d’acqua che trasportava gradualmente la ghiaia sino alla foce.

L’acqua: dramma per alcuni, ricchezza per altri

Sui tralicci che costeggiano le sponde delle valli fuoriescono centinaia di milioni di franchi di preziosa energia idroelettrica a favore delle città e delle aziende idroelettriche, mentre le casse cantonali vengono rimpolpate annualmente con oltre 40 milioni di franchi per i canoni d’acqua versati da Ofima e Ofible. L’acqua è da sempre fonte di benessere e ricchezza, ma anche di tragedie e morte. In questo caso non può rimanere un dramma per gli abitanti delle valli e abbondanza e ricchezza solo per le zone urbane e le casse cantonali. È giunto il momento per rivedere questa stortura ridando quello che è stato tolto. 

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