"La dottrina sociale della Chiesa è un po’ come queste reti di metropolitane che stanno sotto a Londra, Parigi, New York, Milano, Berlino ecc… un ordine nascosto necessario per vivere il disordine palese della superficie"
di Sergio Morisoli *
Dall’elezione a Sommo Pontefice di Robert Prevost, diventato Leone XIV, tra i temi più indagati e citati c’è quello del suo legame con il Predecessore Leone XIII e in particolare a quel sapere secolare della Chiesa definita “Dottrina sociale della Chiesa”. Tralasciamo le bassezze umane, normali, di volersi accaparrare il nuovo Papa per la propria sponda politica o ideologica; ma non sorvoliamo invece sul rischio che la “Dottrina sociale della Chiesa” venga contrabbandata ad arte come “Dottrina socialista della Chiesa”; essendo facile preda di un certo progressismo-devoto laico ringalluzzito, ma anche di alcune fazioni clericali.
I tentativi in questo senso non sono mai mancati sull’arco dei 130 anni di vita di tale branchia tematica della Chiesa Cattolica. Ma non sorvoliamo nemmeno sul rischio che incombe quando la tentazione è quella del ritorno 1:1 alle frasi contenute nel testo di Leone XIII e di volerle applicare alla lettera 134 anni dopo, come potrebbe pretendere un certo conservatorismo clericale-clericale e laico-clericale (come li definiva Peguy), facendo astrazione degli interventi dei Pontefici e delle varie Commissioni dal 1891 al 2025; e estraniandosi dalla realtà di un mondo che è cambiato decine di volte da allora.
La dottrina sociale della Chiesa per sua natura non è un programma politico e non è una pista ideologica. L’errore madornale, non tanto remoto, è che di fronte alle ideologie del secolo scorso e dell’Ottocento che sono scoppiate, le si voglia sostituire con qualcosa che ha resistito, la dottrina sociale appunto, riducendola però a manuale di “governance” per una ONG vaticana.
Il valore aggiunto della dottrina della Chiesa è stato e continua ad essere la sua capacità enorme di adattarsi, di relazionarsi e di agire con il mondo reale e i suoi problemi concreti. Non è un programma per vincere le elezioni; è una raccolta di testi fondamentali, per chi li vuol seguire e interpretare per la propria vita alla luce del messaggio cristiano, per affrontare le circostanze e gli avvenimenti che la vita ci mette davanti; ognuno dove si trova e ognuno con le sue capacità. Per questa ragione, da Leone XIII ad oggi, la dottrina non è mai rimasta ferma.
Leone XIII doveva affrontare gli enormi avvenimenti di fine ‘800 che stavano rivoluzionando la vita di tutti e l’assetto della società umana (liberalismo, socialismo, comunismo, marxismo, colonialismo, povertà urbana, rivoluzione industriale, democrazia, ecc…). Poteva scegliere una posizione reazionaria e passiva di scomuniche e di condanne per cosa stava avvenendo o assumere una posizione proattiva definendo come starci dentro in questa realtà assolutamente nuova (l’enciclica del 1891, che diede inizio alla dottrina sociale si chiama non a caso, Rerum novarum). Ha scelto, buon per noi, la seconda possibilità.
Da lì in poi i Pontefici si sono succeduti sulla materia e ognuno ha aggiornato la dottrina a modo suo, ma sempre nel rigore dei valori fondamentali del Vangelo (principi negoziabili e principi non negoziabili). Sono stati enormi i contributi dottrinali dei Papi (Pio XI, Pio XII, Giovanni XXIII) che hanno dovuto affrontare la rivoluzione bolscevica, il nazionalsocialismo, il fascismo, le due guerre mondiali, l’ateismo sovietico, la guerra fredda; e poi il post Concilio Vaticano II con la grande enciclica di Paolo VI Populorum progressio; su su fino a Papa Woytila con la gigantesca Centesimus annus del 1991, dopo la caduta del muro e che festeggiava e aggiornava quella storica di Leone XIII di un secolo prima, fissando un punto di non ritorno verso l’apertura sul mondo libero, la democrazia, l’economia di mercato, la dignità della persona.
Per poi giungere alla globalizzazione con Papa Benedetto XVI che ci lancia “nel nuovo millennio con fede, speranza e carità” di cui Caritas in veritate del 2009 è un capolavoro. Papa Francesco, con il suo stile “originale”, è stato molto produttivo, ma meno selettivo, coordinato, attento e preciso rispetto ai suoi predecessori. Diversi suoi interventi di valore sono certamente inclusi in questo preziosissimo patrimonio dottrinale.
Nel 2004 fu pubblicato, per volontà di Giovanni Paolo II, un prezioso Compendio che raccoglie tutti gli scritti e gli insegnamenti in questa materia, cresciuti e maturati nei decenni; si attende ora un nuovo aggiornamento già previsto di questa raccolta. Per cercare di spiegare molto, molto sommariamente, come un articolo lo limita, di cosa stiamo parlando vale la pena procedere con una analogia.
Più o meno tutti avete presente come sono le cartine delle metropolitane. Linee colorate che vanno a slalom dall’alto in basso e da sinistra a destra incrociandosi anche più volte tra di loro. Hanno tutte dei punti terminali all’inizio e alla fine del segmento, che a sua volta è tempestato di punti di fermata. Vi sono incroci importanti di più livelli e uscite obbligate. È un mondo in apparenza molto rigido: dei tubi sotterranei, degli orari e delle direzioni che non sono modificabili da chi lo frequenta.
Eppure, nonostante la finitezza, la rigidità; è un sistema flessibilissimo, efficace, efficiente e veloce per relazionarsi con ciò che sta sopra. L’ordine che sta sotto (cosmos) ci permette, almeno negli spostamenti, di domare il disordine che sta sopra (caos). L’essere umano vive nella realtà in superficie, ma si tuffa nei sotterranei metropolitani per raggiungerla, per sfuggirla, per poi riemergere per modificarla, trarne qualcosa o semplicemente viverci dentro.
È una sorta di moto perpetuo quotidiano orizzontale lungo e tra le linee e verticale tra gallerie e superfici. Abbiamo bisogno del caos di sopra e del cosmos di sotto, siamo fatti di entrambe le cose.
La dottrina sociale della Chiesa è un po’ come queste reti di metropolitane che stanno sotto a Londra, Parigi, New York, Milano, Berlino ecc… un ordine nascosto necessario per vivere il disordine palese della superficie. Uno strumento, un mezzo potente con cui orientarsi, dirigersi, emergere e reimmergersi.
Se si appiccica alle linee colorate della mappa metropolitana il nome di qualche Pontefice degli ultimi 130 anni, e sui punti di fermata di queste linee scrivete i titoli delle loro encicliche, lettere e dichiarazioni che riguardano la vita materiale economica e sociale dell’uomo, vi sorprenderete per quello che scoprirete.
Questo per dire che la dottrina sociale della Chiesa non è teoria, materia di preti, di devoti laici clericali o di accademici teologici. No, è materia concreta, pura e dura, con la quale spostarci nello spazio-tempo sotterraneo così da permetterci e contribuire a modellare meglio lo spazio-tempo che è in superficie.
Di tanto in tanto si sente indicare che la dottrina sociale sarebbe una terza via rispetto a quelle del libero mercato e dello Stato; molti vorrebbero che fosse una forma socialista di organizzazione della vita, sdoganata con una spruzzata di pietismo cristiano. Nulla di tutto questo.
Non si tratta di costruire, come diceva T.S. Eliot, un “sistema talmente perfetto in cui l’uomo non deve nemmeno più preoccuparsi di essere buono”. Non è una terza e non sarà nemmeno una quarta via, non è un’ideologia o un programma politico attraverso il quale costruire un mondo migliore; non è nemmeno il piano o il progetto costruttivistico del Vaticano sul mondo.
Non è nemmeno un metodo per vivere sopra le nuvole, con la testa piegata su un lato e lo sguardo triste nel vuoto, sapendo di aver ragione. È molto più carnale, umano. È un impianto come una metropolitana, utilitaristica e materialista, che possiamo prendere quando vogliamo, scendere e salire, cambiare di tubo in tubo per posizionarci meglio di fronte alla realtà concreta urbana che ci sta sopra le teste.
Basta leggere alcune opere di cristiani fedeli al Vangelo e alla dottrina sociale, e impastati con la drammaticità della realtà politica economica e sociale del nostro tempo, per renderci conto di quanto questa “metropolitana” sia moderna, preziosa e indispensabile.
Michael Novak, L’etica cattolica e lo spirito del capitalismo; Wilhelm Röpke, Il Vangelo non è socialista; Angelo Tosato, Vangelo e ricchezza; Robert Sirico, Il personalismo economico e la società libera; Dario Antiseri, Cattolici a difesa del mercato; e molti altri.
La dottrina è uno strumento, non un fine; è pensata per ogni singola persona e non è un piano collettivista, non è nemmeno un progetto costruttivista per una società cristiana imposta dall’alto. È più “semplicemente” ciò che serve a un cristiano credente, ma anche agli uomini di buona volontà, se vogliono guadagnare il mondo ma non perdere sé stessi, e magari intravedere il centuplo quaggiù.
Prendiamo in mano la mappa metropolitana con decisione e coraggio, non solo giù nei tunnel ma alla luce del sole. Vedremo se Papa Leone XIV vorrà, potrà e saprà con il suo carisma e la sua creatività, guidarci con nuovo slancio sul cammino che da oltre un secolo cerca di tenere unite la buona vita con la vita buona. Di sicuro, più semplicemente, sembra ben “armato” per tenere assieme benessere e salvezza, senza appuntarsi patacche ideologiche.
* capogruppo UDC