POLITICA E POTERE
Paolo Pamini in lode di Javier Milei: "Una figata la sua elezione"
Intervista scoppiettante al neo Consigliere Nazionale UDC, che esalta il nuovo presidente argentino, e dice: "Anche io sono un anarco capitalista"

di Andrea Leoni

LUGANO - È sera mentre lo raggiungo al telefono ed è in viaggio in treno verso Berna. L’indomani (oggi, ndr) dovrà affrontare la giornale delle matricole a Palazzo Federale, organizzata per i neoeletti. Ma non è la politica federale il motivo di questa intervista a Paolo Pamini, ma quella argentina. In particolare il neo presidente Javier Milei, l’anarco capitalista che ha scioccato il Mondo con le sue provocazione e le sue sceneggiate pubbliche (la più famosa, quella in cui brandisce un motosega). Un ultra liberista, proprio come il neo Consigliere Nazionale UDC. Ma poi, come leggerete, la chiacchierata scivolerà dal Sudamerica al Canton Ticino, tra teoria e concretezza, provocazioni intellettuali e visioni politiche.

Paolo Pamini, come giudica l’elezione di Milei?
“Una figata! Lo osservo da qualche anno e ho seguito da vicino anche la campagna elettorale per le presidenziali. Qualche anno fa avrei potuto incontrarlo a un convegno a Firenze. Purtroppo non ci sono potuto andare”.

Perché è stato eletto?
“Per la rivolta del ceto produttivo del Paese contro il ceto consumatore d’imposte e invischiato nella corruzione”.

Non le fa nemmeno un po’ paura?
“Per nulla. La paura è fomentata dalla narrazione della stampa mainstream. In realtà per l’Argentina si tratta di un’opportunità unica per ritornare ai fasti del passato, come dopo la seconda guerra mondiale. Dalla presidenza Milei ci saranno tante persone che perderanno ma non saranno i più deboli, piuttosto coloro che campano su rendite politiche”.

È il Trump argentino?
“Sì e no, perché da vero liberale è più aperto di Trump al commercio internazionale”. 

Taglierà davvero le istituzioni e i ministeri con la furia di una motosega, come ha minacciato?
“Questo lo dirà solo il tempo. Però ha cominciato bene perché ha annunciato che in tre settimane cancellerà il ministero per le pari opportunità”

E la dollarizzazione dell’Argentina la farà?
“Secondo me sì. L’Argentina ha il 140% d’inflazione, il pesos è distrutto, quindi dollarizzare è il male minora. Bisogna ancora capire come, ma lo farà., Ha detto che nel palazzo della Banca Centrale argentina farà il museo dell’inflazione”.

Veniamo ad alcune frasi shock di Milei, recentemente riprese anche in un articolo de ilFederalista.ch. La prima: "La vendita di organi è un mercato come un altro".
“Sono provocazioni da puro economista che farei anch’io in un determinato contesto. Poi però su temi come questi si innestano giustamente argomentazioni di ordine etico e morale, che anch'io condivido. Quindi restano provocazioni: non creerà davvero un mercato commerciale di organi”.

Al Papa argentino, quando va bene, dà del comunista.
“Quella è una constatazione, benché Francesco sia un gesuita”

E l’avversione, per non dire l’odio, che esprime nelle sue invettive verso tutto ciò che è di sinistra?
“Quella invece è una benedizione…”

Altra frase shock. "Un'azienda inquina il fiume: dov'è il danno? Il problema qui è che il diritto di proprietà non è chiaramente definito. Questa azienda può inquinare il fiume quanto vuole.”
“È una lezione da primo semestre di economia dell’ambiente. D’altra parte è così che si è sviluppato il Mondo. È un’altra provocazione che serve per far ragionare la gente in un modo diverso. Se i fiumi fossero privati sarebbero molto più protetti. Chi è che butterebbe un sacco della spazzatura nel giardino di un privato? Mentre in un bosco alcuni lo fanno. Quello che è di tutti, non è di nessuno, come diceva Aristotele”

Lei è un anarco capitalista come Milei?
“Sì, ma poi nelle istituzioni bisogna scendere a patti con la realtà e cercare un compresso. Ma l’anarco-capitalismo resta la stella polare. Nel mondo delle idee non puoi accettare i compromessi, mentre nella politica sì, come dice Robert Nef, uno dei miei grandi maestri, fondatore dell’istituto liberale di Zurigo”. 

Scusi Pamini, ma un vero liberale ha a cuore le istituzioni, lo stato di diritto. Personaggi come Trump o Milei, offendono e calpestano questi principi cardine delle nostre democrazie.
“Il cuore del pensiero liberale si può riassumere in un quesito: come mettere un corsetto al rapporto coercitivo dello Stato sul cittadino? La teoria liberale classica dice separazione dei poteri o costituzionalismo. Entrambi i modelli hanno fallito, come vediamo negli Stati Uniti o in Francia. Oggigiorno, in ambito accademico, la soluzione migliore che viene indicata è la concorrenza tra istituzioni. È la chiave di lettura del successo europeo nel Medioevo e della Svizzera di oggi”.

Ma la Svizzera è fondata su principi come lo stato di diritto, il rispetto degli accordi internazionali, la forza e la credibilità delle sue istituzioni. Ed è ligissima nel rispettarli.
“Sì, è vero, anche se a me questo aspetto non esalta. Mi piacerebbe uno Stato articolato ed eletto sulla base del diritto privato, per avere un rapporto paritario con i cittadini. Un privato non può rubare, mentre lo Stato “ruba”, prelevando le imposte”.

Ma mica “ruba”, mette in atto una legge di convivenza che ci siamo dati come comunità.
“Sì, ma esercita comunque un potere coercitivo. D’altra parte lo dice il nome stesso: si chiamano imposte perché sono imposte, altrimenti si chiamerebbero “volontarie”. E il fisco si chiama fisco perché confisca”.

Ma quindi come sarebbe il mondo ideale di Pamini?
“Tante piccole Montecarlo, San Marino o Cantoni svizzeri in concorrenza tra loro. Come accadeva nel Medioevo. E guardi che gli effetti positivi della concorrenza tra Cantoni, grazie al cielo, li stiamo toccando con mano proprio adesso anche in Ticino”.


A che si riferisce?
“Alla riforma fiscale che stiamo per approvare in Gran Consiglio. Senza la concorrenza fiscale fra Cantoni, non ci saremmo mai dati una mossa in Ticino. Pensi che i 1’000 contribuenti più facoltosi pagano il 10% delle imposte. E questi possono andarsene da un momento all’altro. Occorre fare qualcosa”.   

Messa così sembrerebbe che la sudditanza di una parte della politica sia più verso questi grandi contribuenti che nei confronti dello Stato.
“Ma no, in questo caso si tratta di ragionevole negoziazione. Il contribuente viene finalmente trattato dal Cantone come un cliente.  E lo Stato prova ad essere come un buon commerciante, che rispetta i suoi avventori”.

Che giudizio dà della manifestazione dell’altro giorno a Bellinzona contro i tagli?
“È stata un successo, indubbiamente. Capisco le posizioni personali di chi era in piazza, ma mi sembra che gli stia sfuggendo il macro contesto. Se non c’è trippa per gatti, non c’è trippa per gatti”.

E che giudizio dà del preventivo?
“Non è sufficientemente incisivo e disturba la gente là dove non è necessario”.

Come si sbroglierà la matassa?
“Il mio pronostico prevede due scenari: o si va in showdown per qualche mese non approvando il preventivo, che sarebbe la migliore misura di risparmio, certamente migliore dei tagli lineari proposti; oppure si darà al Governo un limite di spesa di 4 miliardi e 300 milioni, dicendogli di farseli bastare e di arrangiarsi”.

Così il Parlamento se ne laverebbe completamente le mani sui provvedimenti da adottare per rimanere nel tetto da lei indicato.
“D’altra parte è stato il Governo ad arrivare a cinque minuti da mezzanotte, non coinvolgendo nessuno”.

Ora è in viaggio verso Berna. Quali commissioni le piacerebbero come nuovo Consigliere Nazionale?
“Intanto mi lasci ribadire il ringraziamento verso i cittadini che mi hanno eletto a Berna. Però provo un sincero dispiacere a lasciare il Gran Consiglio. Come gruppo UDC facciamo un buon lavoro e anche con tutti i colleghi, da destra a sinistra, c’è un bel dialogo. Adesso mi metterò a lavorare a testa bassa e con modestia. Sogno la Commissione economia e tributi, ma è una mission impossible per un neo eletto. Non mi dispiacerebbero cultura e formazione o, chiaramente, le finanze”.

Alcuni fanno il suo nome come possibile candidato al Municipio di Lugano, l’anno prossimo. 
"Impossibile, perché trasloco a Canobbio. Ma, a parte questo, un'eventuale elezione in Municipio, renderebbe inconciliabili gli impegni professionali con la politica. Io non voglio vivere di politica, perché ti rende ricattabile, e desidero mantenere la mia attività professionale. È il motivo per il quale a malincuore ho deciso di lasciare il Gran Consiglio. La politica, per me, deve rimanere un servizio al paese, che svolgo con grande piacere. Mi riconosco in pieno in quel gioiello che è la nostra politica di milizia”.

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