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02.02.2024 - 18:270
Aggiornamento: 06.02.2024 - 07:03

300 franchi bastano? Dadò e Speziali possibilisti. No di Farinelli, Gianini e Fonio. E Regazzi...

PLR e Centro, a livello nazionale, hanno aperto alla riduzione del canone proposta dal Consiglio Federali. Nelle sezioni ticinesi, invece, il dibattito è aperto. E non mancano punzecchiature al Consiglio di Stato...

di Andrea Leoni

BERNA/BELLINZONA - Si è chiusa mercoledì la consultazione sulla proposta di compromesso del Consiglio Federale sul canone radiotelevisivo. Una consultazione che ha coinvolto tutti gli attori interessati - dai cantoni ai sindacati, passando per i partiti e le associazioni di categoria, oltre alla SSR naturalmente - e che ha letteralmente spaccato la Svizzera tra favorevoli e contrari a una riduzione a 300 franchi della fattura annuale.

Il Consiglio di Stato ticinese si è opposto su tutta la linea al taglio del canone. Tra i partiti nazionali, invece, sono giunte aperture da parte di PLR e Centro: più convinta quella dei liberali radicali, più sfumata quella dei centristi.

La proposta di compromesso, promossa dal Consigliere Federale Albert Rösti, ha come obbiettivo dichiarato quello di “depotenziare” l’iniziativa “200 franchi bastano”, sulla quale prima il parlamento e poi il popolo saranno chiamati ad esprimersi. Rösti, tra l’altro, negli scorsi giorni ha attaccato pubblicamente la SSR per essersi opposta fermamente a questa ipotesi. Una posizione che il ministro UDC ha definito “per niente intelligente”. E c’è chi dice sia costata il posto a Gilles Marchand.

Ma torniamo ai due partiti di centro. Cosa pensano alcuni esponenti cantonali di spicco delle aperture fatte dalle “case madri” alla riduzione del canone a 300 franchi? Anche tra di loro non mancano pareri e accenti diversi.

Dadò: "Il meglio è nemico del bene"

Fiorenzo Dadò, ad esempio, condivide la linea del partito nazionale: “Il meglio - ci dice - è nemico del bene. E in questo caso il proverbio casca a pennello. Secondo me il canone a 300 franchi è un’opzione da considerare molto seriamente, perché se non fosse attuata questa riduzione,  aumenterebbero di molto le possibilità che l’iniziativa “200 franchi bastano” possa essere approvata dal popolo. E per la nostra RSI sarebbe un colpo durissimo. Ricordo, per quanto riguarda il Ticino, che non c’è mai stata un’iniziativa nazionale ad aver raccolto tante firme nel nostro Cantone. E questo è un segnale abbastanza chiaro di come tra aumenti di imposte, inflazione e tutto il resto, la gente sarebbe pronta a considerare un taglio del canone. In questo senso, pur non conoscendo i ragionamenti fatti dal Consiglio di Stato, mi sembra un po’ azzardata ed esagerata la posizione assunta dal Governo nella consultazione”.

“Il canone radiotelevisivo - conclude Dadò - è l’unico caso dove una perequazione federale avvantaggia il Ticino. Sarebbe quindi davvero un peccato rischiare di gettare tutto alle ortiche, sostanzialmente per cocciutaggine. Il mio invito a tutte le parti in causa, a cominciare dalla SSR, è dunque quello di giocare questa partita con razionalità e moderazione”.

Fonio: "Nessuna riduzione è giustificata"

Chi invece condivide in toto la linea del Governo ticinese è il Consigliere Nazionale Giorgio Fonio: “Dal mio punto di vista l’opzione 300 franchi non è un tema, perché andare in quella direzione significa indebolire il servizio pubblico. E lo penso ancor più come ticinese. Quindi la mia posizione è chiarissima: nessuna riduzione è giustificata. Il fatto che il partito nazionale abbia assunto una posizione possibilità, ma più sfumata rispetto a quella dei liberali, si spiega con il fatto che vi sono sensibilità diverse all’interno del Centro, non solo politiche ma anche di tipo regionale”.

Speziali: "Serve realpolitik"

Più simile a quella di Dadò è per contro la posizione di Alessandro Speziali, che sembra comprendere la linea del PLR nazionale. “Idealmente - ci spiega - sarei per uno status quo con dei miglioramenti. Ma se devo fare un discorso all’insegna della realpolitik, penso che per vincere, o non perdere, la battaglia contro l’iniziativa per i 200 franchi, questo sforzo, comunque impegnativo e oneroso per la SSR, debba essere fatto”.

Anche il presidente del PLR ticinese sottolinea i vantaggi perequativi per il Ticino dell’attuale sistema. Una sistema che consente alla RSI di “garantire centinaia di posti di lavoro e di formazione di qualità, oltre a offrire molti programmi di spore tante trasmissione che vanno in ogni angolo del Cantone e di cui beneficiano moltissimi attori del territorio. Se passasse l’iniziativa questa luce si spegnerebbe per sempre. Vale la pena mettere tutto questo in discussione? Secondo me no”.

Speziali si fa altre domande: “Ogni tanto quando guardo il TG o Falò, mi arrabbio? Sì. Ogni tanto guardo la tv e mi dico che quel che vedo non ha senso? Sì. Poi però penso che il servizio pubblico deve essere anche spinoso, può sbagliare ed avere i suoi difetti, ma non per questo va messo a repentaglio”

Farinelli e Gianini si distanziano dal PLR svizzero

I due Consiglieri Nazionali Alex Farinelli e Simone Gianini, per contro, si distanziano con chiarezza dalla linea assunta dal partito nazionale. Cominciamo da Farinelli: “Io di principio resto contrario a qualsiasi riduzione del canone che vada a discapito delle minoranze linguistiche e culturali del Paese. Di conseguenza condivido la posizione del Consiglio di Stato. Chiaramente per il partito nazionale ci sono due aspetti che sono importanti. Nel medio termine si vuole eliminare il canone per le piccole e medie imprese. E poi c’è comunque la volontà di sgravare le economie domestiche. Pur riconoscendo la legittimità di queste tesi, ho espresso all’interno del partito un principio dal quale, a mio avviso, non si può derogare: se è possibile risparmiare, lo si faccia pure, ma non sulle spalle delle minoranze linguistiche e culturali del Paese”. Ergo: per Farinelli il budget della RSI dovrebbe in ogni caso restare invariato.

Ecco invece le parole che ci ha consegnato Simone Gianini: “Il servizio pubblico garantito dalla SSR e, soprattutto, dalla RSI in Ticino, con un ritorno di un multiplo rispetto a quanto pagato dai ticinesi, non deve essere messo in discussione. Sarebbe l’inizio del suo smantellamento, sicuramente non sostituibile con servizi "pay per view" che, pensando ad esempio al settore della cultura, non riuscirebbero ad autofinanziarsi. A lungo termine ne andrebbe quindi della coesione nazionale e della promozione e difesa della nostra minoranza linguistica”.

Regazzi: "Via il canone alle PMI"

Più articolata, infine, la posizione del senatore Fabio Regazzi che, come presidente dell’USAM, è tra i promotori dell’iniziativa "200 franchi bastano". E proprio dal suo ruolo di capo dell’associazione delle PMI svizzere, Regazzi comincia il suo ragionamento: “Il nostro obbiettivo è chiaro: abolire il canone per le piccole e medie imprese. Quindi il compromesso attuale non ci va bene, perché è solo cosmesi. Ne abbiamo parlato con Albert Rösti e abbiamo chiesto di esentare le aziende fino a 250 dipendenti. Se questa richiesta venisse accolta, allora potremmo convivere con una soluzione di compromesso”.  

“Come Consigliere agli Stati del Centro, invece, sono contento che il partito nazionale si sia detto possibilità rispetto a una riduzione del canone a 300 franchi, anche se personalmente un taglio di soli 35 franchi lo considero un po’ pochino. In ogni caso una riduzione del canone è da sostenere. L’iniziativa è senza dubbio incisiva, ma coglie un malumore che c’è nella popolazione e offre al Parlamento e al popolo la possibilità di ridiscutere il mandato pubblico della SSR che, così come concepito, non è più attuale”.

Regazzi, infine, commenta la presa di posizione del Governo ticinese: “Se penso che in Consiglio di Stato ci sono due leghisti, un esponente del PLR e uno del Centro, i cui partiti nazionale hanno dato un’apertura a discutere di una riduzione del canone, era forse lecito aspettarsi una posizione più sfumata rispetto a quella espressa. Penso abbiano pesato le pressione sindacali, oltre all’argomento del taglio dei posti di lavoro, che sentiremo a ripetizione nei prossimi anni. Il Governo ha invece ignorato completamente le critiche e il fatto che in Ticino si siano raccolte 30’000 firme e qualcosa vorrà pur dire. Questo è un argomento che non andrebbe sottovalutato”.

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