POLITICA E POTERE
Scintille Comuni-Cantone, tre domande a Mario Branda
Il sindaco di Bellinzona: "Ticino 2020 se non è morto, sta molto male. Si tratta però anche di capire se davvero vogliamo ancora dei Comuni e se sì con quale grado di autonomia e capacità operativa"
© Ti-Press / Alessandro Crinari
SECONDO ME

Cantone vs Comuni, Giuseppe Cotti: "Mario Branda ha pienamente ragione"

07 NOVEMBRE 2024
SECONDO ME

Cantone vs Comuni, Giuseppe Cotti: "Mario Branda ha pienamente ragione"

07 NOVEMBRE 2024

Sindaco Mario Branda, parlando del deficit di Bellinzona e del riversamento di oneri finanziari sui Comuni da parte del Cantone lei nei giorni scorsi ha detto che così non si può andare avanti. Quindi cosa bisognerebbe fare in concreto?

Riattivare l’iniziativa legislativa dei Comuni “Per Comuni forti e vicini al cittadino” volta a cancellare il contributo di 25 milioni di franchi (poi scesi transitoriamente a 12,5) imposto ai Comuni a partire dal 2014 per il risanamento delle finanze del Cantone. L’iniziativa, ricordo, era stata successivamente “congelata” in attesa degli esiti della riforma “Ticino 2020”. In secondo luogo fermare qualsiasi ulteriore riversamento di oneri dal Cantone ai Comuni o, in generale, l’adozione di decisioni con effetti diretti sui bilanci dei Comuni. In questo senso va quindi respinta l’ipotesi di far pagare in buona parte ai Comuni la cantonalizzazione delle ARP (nuove Preture di protezione). In terzo luogo va fermata, almeno nella forma qui proposta, l’iniziativa della Lega per la detrazione integrale dei premi di cassa malati. E’ evidente che se questa riforma (cantonale) passasse non solo si registrerebbe un ulteriore disavanzo (di 40, 50 milioni?) nei conti del Cantone ma uno altrettanto importante in quelli dei Comuni. Chi propone sgravi deve dire dove e come si compensa. La risposta non può e non deve più essere “ci pensino i Comuni”. Approfitto per segnalare anche il problema con il progetto EFAS (finanziamento delle prestazioni ambulatoriali), in votazione il prossimo 24 novembre: se passasse il Cantone si vedrà chiamato ad un esborso supplementare di 60 milioni, in totale, quindi, 100 milioni; indoviniamo dove andrà a prendere una parte dei soldi…

Di chi è secondo lei la responsabilità politica della situazione che si è creata? E crede ancora in progetti come Ticino 2020 e piattaforma di dialogo Cantone-Comuni?

Ticino 2020 se non è morto, sta molto male. I risultati raggiunti - se davvero si può parlare di risultati - sono oltremodo deludenti. La piattaforma di dialogo, purtroppo, non è tale ma il luogo dove, nel migliore dei casi, vengono comunicate ai rappresentanti dei Comuni le decisioni del Cantone. Di chi è la responsabilità? Il Governo ha il potere e la responsabilità di condurre le riforme, ammesso che vi creda. I condizionamenti che hanno unilateralmente imposto in corso d’opera, hanno di fatto compromesso Ticino2020. Il problema è però anche lo scollamento del Parlamento che, a sua volta, adotta misure senza apparentemente curarsi delle pesanti ripercussioni che le sue decisioni hanno sui Comuni e sui cittadini di questi Comuni. Ci sarebbero poi diverse cose da dire sui motivi di questo scollamento.

I comuni stessi però sono molto divisi, anche perché centri e località più piccole hanno esigenze diverse. Lo si è visto anche sul tema del moltiplicatore differenziato. Occorrono anche regole diverse per centri urbani e comuni più piccoli?

I Comuni sono spesso divisi sia perché hanno esigenze diverse ma anche risorse molto diverse. Comuni che non dispongono di zone industriali importanti, sono geograficamente discosti, presentano un “territorio” difficile, eccetera, non possono neppure lontanamente permettersi quello che si concedono i Comuni più ricchi. Poi vi sono Comuni che erogano molti servizi o hanno importanti investimenti e altri che invece si limitano al minimo di legge. A volte mi chiedo se queste differenze e, di riflesso, queste divisioni non siano tutto sommato “gradite” o se, viceversa, siano guardate con preoccupazione. In ogni caso: sì, ritengo occorrano oggi regole diverse. Si tratta però anche di capire se davvero vogliamo ancora dei Comuni e se sì con quale grado di autonomia e capacità operativa. Se davvero li consideriamo un elemento di ricchezza del nostro sistema istituzionale, utili alla gestione del territorio e dei servizi e a creare, rispettivamente mantenere un legame di fiducia con i cittadini. Dovrebbe essere così altrimenti non si spiegherebbe l’accento posto sulle aggregazioni. A lato pratico siamo però poi confrontati con una moltitudine di decisioni che vanno in senso opposto e che ne pregiudicano la capacità progettuale.

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