POLITICA E POTERE
Il Blick 'affonda' la Flotilla: "Solidarietà? No, teatro politico in alto mare"
Il caporedattore Cavalli: "“Questa missione non è mai stata umanitaria. Era politica. Radicalmente pro-palestinese, anti-israeliana e cieca di fronte al contesto”

Il caporedattore del Blick, Rolf Cavalli, ha firmato un durissimo editoriale, destinato a far discutere. Al centro, la partecipazione di alcuni attivisti svizzeri alla cosiddetta “flottiglia per Gaza”, presentata come missione umanitaria ma, secondo Cavalli, concepita fin dall’inizio come un’operazione mediatica e politica.

“Dicevano di voler portare aiuto umanitario – scrive – ma in realtà cercavano soprattutto una cosa: attenzione”. L’iniziativa, prosegue il giornalista, non è stata un gesto spontaneo di solidarietà, bensì “teatro politico in alto mare, un’azione di pubbliche relazioni”.

Cavalli sottolinea come fosse evidente, sin dall’inizio, che le imbarcazioni non sarebbero mai riuscite a raggiungere Gaza. Le autorità israeliane avevano dichiarato chiaramente che le navi sarebbero state fermate, e anche il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) aveva avvertito i partecipanti di non dirigersi verso una zona di guerra. “Chi lo fa comunque – ricorda l’editoriale – non può poi aspettarsi che lo Stato paghi il taxi di ritorno”.

Il Blick approva quindi la decisione del DFAE di chiedere agli attivisti di rimborsare parte dei costi sostenuti per il loro rimpatrio, definendola una conseguenza logica: “Chi si mette volontariamente in pericolo, deve anche assumersi le responsabilità delle proprie scelte.”

Ma la critica di Cavalli va oltre la questione economica. Il vero problema, scrive, è la falsità di un’operazione presentata come umanitaria ma in realtà profondamente ideologica: “Questa missione non è mai stata umanitaria. Era politica. Radicalmente pro-palestinese, anti-israeliana e cieca di fronte al contesto”.
Il giornalista denuncia inoltre l’assenza di qualsiasi riferimento da parte degli attivisti al 7 ottobre 2023, quando i terroristi di Hamas massacrarono famiglie israeliane, violentarono donne e bruciarono bambini. “Nessuno striscione per ricordare gli ostaggi – scrive Cavalli – che da due anni sopravvivono nei tunnel di Hamas”.

Secondo il Blick, la narrazione della flottiglia si è poi trasformata in una messa in scena di vittimismo, con accuse di “rapimento e tortura” rivolte alle forze israeliane e con una retorica che ha ignorato completamente il contesto della guerra.

Cavalli riconosce che protestare contro la guerra a Gaza è legittimo, anche con forza e durezza. Ma avverte: chi si appella ai diritti umani deve essere coerente, non selettivo. “Non si può protestare solo quando fa comodo alla propria visione del mondo – scrive – altrimenti la morale si trasforma in moralismo”.

La conclusione è amara: questa flottiglia, anziché rappresentare un atto di coraggio civile, avrebbe avuto l’effetto opposto, risultando controproducente e ideologica, incapace di costruire ponti e di riconoscere le tragedie da entrambe le parti.
“Resta solo un retrogusto amaro – conclude Cavalli – quello di attivisti che si mettono in scena come eroi e parlano di maltrattamenti quando vengono arrestati, mentre ostaggi israeliani restano da due anni nei tunnel di Hamas.”

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