La deputata: "È tempo di uscire da logiche spartitorie che attribuiscono etichette politiche ai magistrati: “liberali”, “socialisti”, “leghisti”, “di centro”"
di Simona Genini *
In questi giorni, il tema delle nomine in ambito giudiziario è tornato d’attualità, sollevando osservazioni e commenti da più parti. Faccio parte della Commissione giustizia e diritti, ma mi esprimo qui a titolo personale e nel rispetto del segreto commissionale.
È positivo che si parli di giustizia e del modo in cui vengono designati i magistrati; meno positivo è che ciò avvenga spesso secondo una geometria variabile, a seconda della parte politica interessata o accusata. La spartizione partitica dei posti in magistratura affonda le sue radici in una fase storica in cui si riteneva che l’equilibrio delle decisioni giudiziarie dipendesse anche da una ripartizione paritetica dei magistrati stessi. Oggi sappiamo, per esperienza diretta e per le mutate regole procedurali, che questo non è più vero — ammesso che lo sia mai stato. Sappiamo anche che la vera garanzia di decisioni eque risiede nella competenza di chi decide, in procedure trasparenti e nell’elevata professionalità di tutti coloro che vi partecipano, a cominciare dagli avvocati.
È quindi tempo di uscire da logiche spartitorie che attribuiscono etichette politiche ai magistrati: “liberali”, “socialisti”, “leghisti”, “di centro”. La giustizia deve fondarsi su un solo principio: la competenza del singolo magistrato, accompagnata da una rendicontazione trasparente e globale dell’attività della magistratura.
Al recente congresso del PLR ho voluto dirlo chiaramente: non basta più dichiarare valori liberali, occorre agire con coerenza rispetto ad essi, anche nel delicato campo della giustizia. Le nomine devono essere il risultato di valutazioni serie, trasparenti e professionali, svincolate da calcoli partitici. Questo rappresenta uno dei fondamenti imprescindibili di uno Stato di diritto credibile.
Il tema è stato affrontato con attenzione all’interno della Commissione giustizia e diritti. Chi segue da vicino i lavori parlamentari sa che il dibattito è vivo, costruttivo e non superficiale. Si lasci quindi al Legislativo lo spazio e il tempo necessari per assumersi, come deve, le proprie responsabilità. Il tempo, una volta di più, sarà buon giudice delle intenzioni degli uni e degli altri.
* deputata PLR in Gran Consiglio