SECONDO ME
“Adesione turbo” all’UE, Marco Chiesa: “Caro Vicepresidente, no, no, no!”
“Qui le decisioni non le prendono governi stranieri né le emergenze del momento, ma il popolo svizzero. E il popolo ha già detto, a chiare lettere, che la nostra libertà istituzionale non è in vendita”
TiPress / Benedetto Galli

di Marco Chiesa *

“No. No. No.” – così Margaret Thatcher rispose a chi voleva cedere sovranità britannica a Bruxelles. È la stessa risposta che la Svizzera deve dare oggi alla “adesione turbo” evocata dal vicepresidente del Bundestag Omid Nouripour come reazione alla guerra commerciale scatenata dagli Stati Uniti, Paese che oggi convive con un debito pubblico record di 37.000 miliardi di dollari e un deficit annuale che supera i 1,6 trilioni di dollari. La Confederazione non è un tassello da muovere sulla scacchiera geopolitica al ritmo di dazi e contenziosi. Né col turbo né al rallentatore: nessuna adesione all’UE.

La ragione è semplice e profonda: indipendenza, sovranità e democrazia diretta. Il nostro modello si fonda sul diritto del popolo e dei Cantoni di decidere il proprio futuro. Un’adesione significherebbe allineamento automatico al diritto europeo e supremazia della Corte di giustizia dell’UE, svuotando di sostanza referendum e iniziative popolari. Non è un’ipotesi teorica: è il nodo che ha portato al rifiuto dell’Accordo istituzionale nel 2021.

I precedenti sono chiari: nel 1992 la Svizzera ha detto no allo Spazio economico europeo; nel 2001, quasi l’80% degli elettori ha respinto l’iniziativa “Sì all’Europa!”. Un mandato democratico inequivocabile, che chi rispetta la Svizzera non può ignorare.

Negli anni, la libera circolazione delle persone ha mostrato tutti i suoi costi: pressione crescente sul mercato del lavoro, con rischi concreti di dumping salariale; congestione delle infrastrutture; difficoltà crescenti per trovare alloggi a prezzi accessibili. La crescita demografica fuori controllo è ormai una realtà che incide sulla qualità di vita di tutti. Per questo l’UDC ha lanciato l’iniziativa “No a una Svizzera da 10 milioni di abitanti”, per frenare un’espansione che minaccia coesione sociale, ambiente e competitività.

La Svizzera sa cooperare quando è nel proprio interesse: la via bilaterale ci ha permesso di mantenere rapporti stretti con l’UE senza rinunciare all’autodeterminazione. È pragmatismo, non sottomissione.

Chi oggi parla di “adesione turbo” dimentica che qui le decisioni non le prendono governi stranieri né le emergenze del momento, ma il popolo svizzero. E il popolo ha già detto, a chiare lettere, che la nostra libertà istituzionale non è in vendita. Con o senza il cavallo di Troia offertoci dal vicepresidente del Bundestag.

La Svizzera resterà aperta e competitiva, ma padrona del proprio destino. Questa è la condizione della nostra prosperità e il fondamento della nostra libertà. E, come disse la Thatcher: No. No. No.

* Presidente commissione politica estera CS

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