"Io e la mia compagna siamo usciti e abbiamo visto insulti, spinte e aggressioni verbali. Questo non dovrebbe accadere in una democrazia matura come la Svizzera"
di Stefano Dias *
Da sempre ho una visione politica che non si lascia incasellare né a destra né a sinistra: credo che ogni tema vada affrontato con la propria testa, senza dogmi e senza diktat di partito. Per questo ho partecipato, come cittadino e come rappresentante del mio partito, al dibattito interessantissimo sui Bilaterali III al Teatro Sociale. La manifestazione pro Palestina, all’inizio, è stata pacifica e persino interessante da osservare, legittima e non ho avuto alcun problema a entrare. Ma non tutti hanno avuto la stessa esperienza: col passare delle ore l’atmosfera è degenerata, e verso la fine della serata la tensione si è trasformata in un vero e proprio clima di caccia all’uomo. Io stesso ho visto persone accerchiate da gruppi di cinque o sei individui. E mi chiedo, Pino Sergi: senza l’intervento della polizia, come sarebbe andata a finire?
Io e la mia compagna siamo usciti e abbiamo visto insulti, spinte e aggressioni verbali. Questo non dovrebbe accadere in una democrazia matura come la Svizzera, e chi ha responsabilità politiche dovrebbe dirlo chiaramente, senza ambiguità. Invece, leggere che un leader del MPS (o del PS) giustifica o minimizza questi episodi è doppiamente grave, perché significa sdoganare la violenza come metodo politico. Se per Sergi tutto questo è auspicabile, beh, siamo messi davvero male. È ormai chiaro anche ai sassi della Valle Verzasca che MPS si è posizionato all’estrema sinistra ed è diventato per loro un modo per cercare voti: tutto ciò che fa clamore e finisce in prima pagina può diventare un successo politico, ma in realtà non porta alcun beneficio alla nostra società, soltanto più instabilità. Chi sceglie gli estremi dello spettro politico entra in una lotta senza esclusioni di colpi contro gli avversari, e tutto ciò che incontra sul proprio cammino viene travolto: io, voi, l’intera società. Una battaglia del genere lascia solo macerie, e non serve la palla di cristallo per prevederlo: basta guardare la storia, che ci insegna come ogni scontro fondato sulla violenza abbia prodotto soltanto distruzione e instabilità. La stessa instabilità che oggi vediamo in tante parti del mondo e che in Svizzera e in Ticino non conosciamo perché, da sempre, siamo capaci di trovare il famoso compromesso. Ma lo sdoganamento della violenza rappresenta una picconata a quel compromesso, e piccone dopo piccone gli estremisti finiranno per imporsi, con tutte le incongruenze anche relative alle rivendicazioni della fine delle ostilità a Gaza.
Siamo davanti allo stesso schema che si ripete in tanti paesi: la violenza viene normalizzata, la democrazia si sgretola, e chi non la pensa come te diventa un nemico da zittire. Anche qui, in Svizzera, rischiamo che divampi la logica della legge del più forte se nessuno farà un passo indietro. Questo modo di fare politica assomiglia ai bulli di scuola: prima ti colpiscono davanti a tutti, poi davanti alla maestra (cioè all’opinione pubblica) negano e raccontano che erano solo “carezze” o addirittura incolpano la vittima della violenza subita, rei di averli “provocati”. È un atteggiamento penoso e profondamente antidemocratico. Forse è arrivato il momento di premere il tasto “reset”: tornare a rispettare gli avversari politici, a confrontarsi con chi la pensa diversamente, senza insulti e senza mani addosso. Perché senza questo, non c’è politica, ma solo violenza.
* presidente Verdi Liberali Ticino