Le reazioni della politica dopo i disordini di venerdì sera a Bellinzona a margine della conferenza del minisrtro degli esteri
BELLINZONA – Quella che doveva essere una serata di riflessione sui “Bilaterali 3” con il ministro degli Esteri Ignazio Cassis, ospite della Camera di commercio al Teatro Sociale, si è trasformata venerdì in una serata ad alta tensione.
All’esterno della sala, il Coordinamento unitario a sostegno della Palestina aveva convocato un presidio “rumoroso”: slogan, fischietti, pentole battute e striscioni. La manifestazione era partita in modo pacifico, ma con l’arrivo degli invitati la situazione è degenerata: prima provocazioni reciproche, poi spintoni, stoviglie rotte e tavolini rovesciati.
Gli slogan si sono trasformati in insulti, e tra i bersagli non solo politici e imprenditori, ma anche semplici cittadini che volevano assistere alla conferenza. Particolare clamore ha suscitato il caso degli insulti sessisti rivolti all’ex capogruppo PLR in Gran Consiglio Alessandra Gianella, presa di mira direttamente mentre si accingeva a entrare.
La polizia è intervenuta in forze per garantire l’ingresso e la sicurezza degli ospiti. Cassis ha raggiunto la sala passando dal retro, scortato. Alla fine dell’evento, il pubblico è stato fatto uscire a piccoli gruppi, sotto protezione: anche in questa fase non sono mancati lanci di birre, tentativi di aggressione e nuovi insulti.
Reazioni politiche
La serata ha sollevato dure prese di posizione. Il Mattino della domenica ha parlato di “manifestazione scandalosa”, accusando i contestatori di essere gli “islamo-gauchisti pro-Palestina” e denunciando una deriva di violenza politica che, a loro dire, trova coperture a sinistra.
Il PLR Ticino e i Giovani leghisti, invece, hanno diffuso due comunicati ufficiali, che riportiamo integralmente di seguito.
Il PLR: "Sì al diritto di protesta, no a intimidazioni e violenze"
Il PLR esprime profondo disappunto per il clima di aggressività alla manifestazione di Bellinzona
Il Partito Liberale Radicale Ticinese (PLRT) esprime profondo disappunto per quanto avvenuto ieri sera a Bellinzona, dove una manifestazione è sfociata in inseguimenti e intimidazioni ai danni di partecipanti e invitati, tra cui il Consigliere federale Ignazio Cassis.
In Svizzera manifestare è un diritto tutelato dalla nostra Costituzione — anche in forma di presidio rumoroso — e lo rispettiamo senza ambiguità. È altrettanto diritto, però, poter partecipare serenamente a eventi pubblici: invece, molte persone — anche lontane dalla politica — non hanno potuto farlo a causa del clima creato fuori dalla sala.
Le atrocità a Gaza sono evidenti e vanno condannate; preoccupano tutti, indipendentemente dalle opinioni politiche. Come ha ricordato il Consigliere federale Cassis, “Tutti noi soffriamo nel vedere le stesse immagini che vedono i manifestanti.” Ma proprio perché soffriamo, non possiamo accettare che il dissenso degeneri in sopraffazione, minacce o blocchi che impediscono ad altri cittadini di esercitare le proprie libertà.
La nostra storia nazionale si fonda su costituzionalità, responsabilità e mediazione. La Svizzera ha spesso ricoperto un ruolo cruciale di mediatrice nei conflitti e di partner affidabile nel dialogo internazionale: un patrimonio che ci impegna a coniugare la forza delle convinzioni con la misura dei comportamenti, anche nelle piazze. La libertà di espressione esige reciprocità: chi protesta rispetta le regole, chi partecipa a un evento deve poter entrare e uscire senza timori.
Non è normale né accettabile che degli invitati — tra cui persone anziane — siano costretti a rimanere chiusi in un edificio, protetti da cordoni di polizia in assetto antisommossa. Il PLRT ringrazia le forze dell’ordine per la professionalità con cui hanno impedito l’escalation, malgrado la presenza di alcuni esagitati. La fermezza dello Stato di diritto e la cultura del dialogo sono la migliore risposta a ogni tentativo di intimidazione.
Infine, è doveroso chiarire il contesto internazionale: i veti – anche recentissimi – al cessate il fuoco immediato al Consiglio di sicurezza dell’ONU sono posti dagli Stati Uniti. Non certamente dalla Svizzera o dal Consigliere federale Cassis.
Il PLRT invita tutte le parti a riconoscere i limiti che garantiscono la libertà di tutti: sì alla protesta, no alle intimidazioni. È così che si onorano la nostra democrazia e la tradizione svizzera di rispetto, civiltà e mediazione.
La presa di posizione dei Giovani leghisti
Quanto accaduto è l’ennesima dimostrazione che la violenza è diventata la cifra distintiva della sinistra e dei suoi seguaci. Ogni volta che scoppiano episodi vergognosi di intimidazione, insulti e aggressioni, assistiamo al medesimo copione: la sinistra finge di non vedere, si rifiuta di condannare chiaramente, anzi spesso giustifica, minimizza e persino incoraggia questi atteggiamenti. È un atteggiamento ipocrita e pericoloso, che smaschera chi predica tolleranza e rispetto solo quando conviene, ma poi chiude gli occhi davanti ai propri militanti che trasformano le piazze in campi di odio e violenza.
È ora di dirlo senza mezzi termini: la violenza in politica, oggi, arriva esclusivamente dalla sinistra. Sono sempre loro a usare insulti, minacce, lanci di oggetti, violenza e intimidazioni come arma di pressione, perché incapaci di sostenere le proprie idee con la forza degli argomenti.
E ancora più grave è la connivenza di dirigenti e rappresentanti che, invece di prendere le distanze, con la loro ambiguità alimentano un clima avvelenato e irresponsabile.
Il Ticino e la Svizzera non hanno bisogno di queste derive. La democrazia si fonda sul confronto civile, sul rispetto reciproco, sulla libertà di parola. Chi legittima la violenza, chi la asseconda, chi la difende solo perché proviene dal proprio campo politico, tradisce la democrazia stessa.
Noi condanniamo con forza questi atti e denunciamo l’ipocrisia di una sinistra che da anni si presenta come paladina di diritti e libertà, ma che nei fatti si mostra incapace di difendere il primo dei diritti: quello a esprimersi senza paura di essere aggrediti. La violenza non è opinione, è barbarie. E chi la copre ne è complice.
Dopo Bellinzona, la politica si divide: tra condanne, distinguo e accuse reciproche
Dopo i disordini di venerdì sera a Bellinzona, la politica ticinese ha reagito con un coro di commenti che spaziano dalla dura condanna alle prese di posizione più sfumate. Riportiamo alcune dichiarazioni raccolte dalla Regione nell'articolo firmato dal collega Jacopo Scarinci.
Il direttore delle Istituzioni Norman Gobbi ha sottolineato come il dispositivo di sicurezza abbia funzionato, evitando conseguenze più gravi, ma ha messo in guardia: “Esprimere opinioni e indignazione è legittimo, ma non si può oltrepassare il limite di minacce e atti violenti. Così si rischiano lacerazioni pericolose”.
Molto duro il giudizio del liberale radicale Alex Farinelli, presente e insultato durante la serata: “Non è assolutamente normale. La colpa dei presenti era ascoltare un ministro parlare di Bilaterali? È preoccupante che Cassis venga visto come l’incarnazione di un’intera politica federale e per questo si scateni un’aggressività simile”.
Il presidente dell’UDC ticinese Piero Marchesi ha ribadito che il diritto di manifestare non può trasformarsi in “licenza di odio e intimidazione”, accusando la sinistra di ambiguità: “Si predica contro la violenza e poi la si pratica con gli stessi metodi. I Verdi hanno addirittura usato un voto parlamentare per denigrare pubblicamente chi non li ha seguiti”.
Di segno opposto la voce della verde Greta Gysin, che ha detto di essere “profondamente scioccata” dagli episodi, pur ribadendo che il diritto di protesta è fondamentale: “Non si può denunciare la violenza a Gaza e poi esprimersi qui con atti violenti. Mi dispiace per chi ha vissuto quei momenti”. Gysin ha però preso le distanze anche da certi eccessi interni al suo partito, come il post su Instagram che elencava i deputati ritenuti complici di Israele: “Non favoriscono un dibattito rispettoso, sarebbe meglio evitarli”.
Dal Centro, Giorgio Fonio ha definito l’accaduto “un danno per la causa stessa dei manifestanti”: “Sono atteggiamenti estremisti che limitano la possibilità di esprimersi democraticamente. Anche il post dei Verdi ha fomentato in modo vergognoso il dibattito”.
Il Partito socialista, con il copresidente Fabrizio Sirica, ha invece difeso l’indignazione dei manifestanti: “È in atto un genocidio e la Svizzera non fa nulla. Se non fossi stato impegnato altrove sarei stato lì anche io. Idealmente sto coi manifestanti”. Per Sirica, parlare di “violenze” sarebbe strumentale: “Si tratta di disordini, cinque piatti rotti e un tentativo di entrare fermato subito. Se fosse confermato qualcosa di più grave, ovviamente ci si distanzia, ma attenzione ai termini usati”.