"Allo stato attuale la contrapposizione fra i partiti è fondata puramente sulle speranze o sulle paure"

di Gerardo Rigozzi*
Ho letto con interesse l’articolo di Stefano Guerra nell’edizione del 30 ottobre de ‘laRegione’. Esso pone alcuni interrogativi importanti e ineludibili: il nuovo pacchetto di accordi “ci serve o non ci serve: davvero il santo vale la candela? I vantaggi (per chi, poi?) superano gli svantaggi?”. Queste sono domande cruciali che la popolazione chiamata al voto fra qualche anno vorrà avere ben in chiaro.
Al momento, il dibattito oscilla fra l’ideologico e il teorico: c’è chi non vuole saperne per niente di tali accordi, l’Udc, temendo l’incremento della libera circolazione e l’ulteriore aumento della popolazione svizzera. C’è chi non scopre del tutto le carte chiedendo ulteriori modifiche degli accordi, quasi che ciò sia ancora possibile. I favorevoli, in particolare il Plr nazionale, sono fiduciosi che tali accordi permettano chiarezza e relazioni stabili e privilegiate con l’Ue, specie in un momento di generale incertezza mondiale. Posizione, questa, auspicabile, ma non del tutto certa, anche perché la pressione viene dai poteri forti dell’Europa, anziché dalla Svizzera.
Certamente la nostra bilancia commerciale è sbilanciata a favore dell’Europa e il nostro Paese è soggetto a pressioni e a vincoli superiori; ed è pure vero che la nostra economia abbisogna di normative chiare per superare questi vincoli. Tuttavia, conoscendo la voracità burocratica dell’attuale Europa, qualche reticenza in proposito è pure lecita. Insomma, allo stato attuale la contrapposizione fra i partiti è fondata puramente sulle speranze o sulle paure, come appare dalle rispettive narrazioni: “Salviamo la Svizzera”, oppure “Aiutiamo la Svizzera”.
L’articolo più sopra menzionato dice una cosa sacrosanta: dalle attuali discussioni in materia e da quelle prossime in parlamento “dobbiamo aspettarci forti dosi di emotività e accesi scontri verbali, secondo la logica: la mia parola contro la tua parola”. Quindi, ancora una volta, la delicata questione verrà affrontata a suon di parole, con poche certezze da una parte e dall’altra. È vero che il ponderoso pacchetto spiega abbondantemente i termini della questione; ma la certezza che ciò apporterà soprattutto vantaggi al nostro Paese non è ancora data. Ha ragione l’articolista quando afferma che capire ora chi ha ragione e chi ha torto “non sarà per nulla semplice”.
E allora poniamo la questione in altri termini, più realistici: indipendentemente da quanto decidono ora i nostri politici, determinante al momento del voto popolare (a fine 2027?, spero con doppia maggioranza), sarà l’evoluzione della nostra congiuntura a determinare il nocciolo della questione. Se la Svizzera, nei prossimi due anni, presenterà un quadro socio-economico problematico (in seguito ai dazi, alle emigrazioni di nostre industrie o a potenziali difficoltà economiche), i favorevoli all’accordo avranno qualche chance in più per convincere la popolazione ad accettare gli accordi. Se, per contro, la Svizzera manterrà l’attuale dinamismo e condizioni socio-economiche favorevoli, i contrari all’accordo potranno dire la loro.
Riassumendo, le discussioni attuali e, penso, anche le decisioni del nostro parlamento non sono ancora determinanti. Sarà soprattutto la dura realtà a dettare la direzione dei prossimi passi.
*già direttore della Biblioteca cantonale - articolo pubblicato su La Regione