CRONACA
Il 23% degli industriali svizzeri teme di dover ricorrere al lavoro ridotto a causa della crisi ucraina
Lo afferma uno studio del Credit Suisse. La task force che sta lavorando sul lato energetico ha chiesto alle aziende di tenersi pronte in qualsiasi momento a convertire ad olio combustibile gli impianti di gas

BERNA - E se davvero non fosse più possibile acquistare gas russo, cosa farebbe la Svizzera? Ci sarebbe la volontà di sostituirlo con l'olio combustibile. Ma intanto in molti temono il rincaro dei prezzi e le sue conseguenze.

Putin ha deciso che il gas potrà essere pagato solo in rubli, aprendo dei conti correnti, sempre in rubli, in banche russe, per salvaguardare l'economia interna. AITI ha chiesto interventi a Bellinzona per dare una mano alle aziende che vedranno aumentare i costi, quando scadrà il loro contratto di fornitura a fine anno o nel 2023. Per non parlare di chi agisce sul mercato libero, dove i prezzi sono aumentati in modo esponenziale.

BAK economics in uno studio sosteneva come le ricadute della crisi ucraina, al momento, in Svizzera non sono importanti. Ma uno del Credit Suisse invece dice che il 23% degli industriali confederati teme di dover ricorrere al lavoro ridotto proprio per il rincaro generale dovuto alla guerra. 

La Svizzera non compra il gas direttamente dalla Russia ma dai paesi vicini. Non ha però riserve sul suo territorio. Quindi, cosa si farebbe in caso di chiusura dei rubinetti da parte di Putin?

Al lavoro c'è una task force, che ha già avvisato gli industriali che potrebbero dover convertire ad olio combustibile gli impianti a gas. Si sta agendo per garantire il fabbisogno dal prossimo inverno, ma in caso non ci si riuscisse, passare a olio combustibile sarebbe l'unica soluzione. 

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