CRONACA
Cosa significa essere poveri in Ticino oggi? Una nuova banca dati per rispondere
Il "Rapporto sociale: statistica sulla povertà in Ticino", pubblicato oggi, si basa sul mix di una serie di dati statistici e amministrativi. Il tasso di povertà reddituale nel 2018 ammontava al 7,4%, in crescita dal 2015

BELLINZONA - Nella conferenza stampa odierna, il Dipartimento della sanità e della socialità (DSS), il Dipartimento delle finanze e dell’economia (DFE) e l’Ufficio di statistica (USTAT), hanno presentato lo strumento di monitoraggio della situazione socioeconomica della popolazione e alcuni dei risultati contenuti nel primo Rapporto sociale.

La pubblicazione “Rapporto sociale: statistica sulla povertà in Ticino” descrive, tramite una serie di indicatori statistici, il fenomeno della povertà. Gli indicatori, basati sulle informazioni raccolte nella nuova banca dati sul monitoraggio della situazione sociale ed economica della popolazione (BD-SSEP), mostrano come il tema sia complesso e, in questo senso, come la sola quantificazione di chi vive sotto la soglia di povertà, per quanto fondamentale, non sia sufficiente per una buona comprensione del fenomeno. Il Rapporto mostra pure come grazie alla rete di sostegno sociale la povertà venga sostanzialmente dimezzata. Questo risultato è raggiunto grazie a una politica sociale di rete, che valorizza il lavoro di numerosi attori (pubblici e privati) sul territorio e che mette in campo diverse misure. Esso si basa su un mix di fonti statistiche e amministrative. 

Nel 2018, anno più recente attualmente disponibile, il tasso di povertà reddituale assoluta ammonta al 7,4% ed è aumentato rispetto al 2015, anno nel quale il valore ammonta al 6,1%. I risultati hanno mostrato variazioni del tasso in funzione dell’età, del sesso e del tipo di economia domestica: ad esempio, il tasso varia tra l’1,9% delle economie domestiche composte da tre o più adulti senza minori e il 29,8% delle economie domestiche di un adulto con minori. 

I vantaggi di una banca dati praticamente esaustiva della popolazione, però, non si esauriscono qui. Questi nuovi dati hanno permesso di calcolare nuovi indicatori: il divario ci dice quali sono le categorie sociodemografiche il cui reddito disponibile è più distante dalla soglia di povertà o, in altre parole, a quanto ammonta la lacuna da colmare per uscire da una situazione di povertà; la persistenza mostra, in un’altra chiave di lettura del fenomeno, quali categorie sono state più a lungo in una condizione di povertà reddituale assoluta. È stato inoltre considerato il patrimonio come fonte sostitutiva in caso di un’ipotetica assenza del reddito.

Lo sguardo d’insieme proposto dai grafici radar per questi quattro indicatori (v. 3.4) consente di ritornare e commentare i principali risultati emersi in funzione delle caratteristiche sociodemografiche studiate.

Per più indicatori, le economie domestiche composte da un adulto con minori risultano essere quelle più esposte al fenomeno della povertà reddituale assoluta, con un divario più ampio, maggiore povertà persistente e più spesso confrontate con una assenza di patrimonio. Come spiegato a p. 32, si tratta molto probabilmente di un sottogruppo delle famiglie monoparentali, vale a dire quelle con solo figli minorenni.

C’è un altro risultato importante da sottolineare per questa categoria: l’analisi dell’impatto che le prestazioni sociali hanno sulla riduzione della povertà mostra come le economie domestiche di un adulto con minori siano quella per la quale la riduzione è meno importante in termini percentuali.

L’altra categoria che emerge dalle analisi è quella delle persone sole: una categoria molto eterogenea, come spiegato a p. 32. Per tre dei quattro indicatori – tasso di povertà reddituale assoluto, tasso di persistenza in povertà e assenza di patrimonio – risultano essere la seconda categoria più colpita dalla povertà. Come detto però, al contrario degli adulti con minori, in questa categoria vi sono situazioni molto diverse. Sarà quindi determinante, dal punto di vista statistico e negli approfondimenti futuri, individuare quali sono – tra le persone sole – le sottocategorie maggiormente colpite dalla povertà in funzione dell’età e del sesso, così da identificare meglio le dinamiche sociali ed economiche in atto. Un’analisi utile a far chiarezza potrebbe per esempio concentrarsi sulle persone anziane che vivono sole, analizzando le differenze in funzione del sesso.

Un’altra novità scaturita dal presente lavoro riguarda la presa in considerazione del patrimonio, o meglio della sua assenza. Se all’interno della popolazione in povertà reddituale si considera l’assenza di patrimonio netto come fonte sostitutiva di un’ipotetica assenza di reddito per una durata di tre mesi, i giovani che vivono in un’economia domestica sprovvista di patrimonio sufficiente sono in percentuale di più rispetto agli anziani. Questo risultato è solo in parte sorprendente, ma genera nuove domande alle quali la BD-SSEP permette di rispondere: in che tipo di economia domestica vivono i giovani in povertà reddituale assoluta la cui economia domestica non dispone di un patrimonio sostitutivo? O ancora, il risultato cambierebbe se si considerasse un periodo più lungo, come un anno? Quest’ultima domanda è particolarmente importante tenendo conto del fatto che le persone anziane più difficilmente modificano la loro situazione reddituale.

Con l’offerta di diverse nuove prospettive e informazioni, i risultati statistici forniscono alcune risposte sul tema della povertà e, come visto più sopra, spingono a porsi nuove domande: il presente rapporto, in questo senso, si pone più come un punto di partenza che come un punto d’arrivo. Il potenziale della banca dati è enorme e l’elenco di possibili sviluppi per progetti analitici e descrittivi futuri è lungo. La banca dati – praticamente esaustiva – permette ad esempio analisi molti fini per sottopopolazioni specifiche, pur garantendo la protezione dei dati utilizzati. Dal punto di vista analitico, l’analisi longitudinale potrebbe ulteriormente essere sviluppata, per cercare di capire il ruolo che determinate transizioni di vita professionali o familiari possono avere sull’entrata o l’uscita da una situazione di povertà.

Oltre al tema della povertà sviluppato in questo rapporto, potrebbero essere oggetto di approfondimento altri temi correlati come il mancato ricorso alle prestazioni sociali, l’efficacia delle singole prestazioni sociali nell’arginare la povertà (reali per testarne l’efficacia, o tramite simulazioni basate su ipotesi specifiche in un’ottica di pianificazione futura), oppure ancora un’analisi dell’evoluzione del ceto medio.

Al di là dei risultati e dei potenziali sviluppi, e per concludere, è importante sottolineare una volta in più come l’introduzione della BD-SSEP rappresenti una pietra miliare per la statistica pubblica cantonale. Si tratta infatti di un progetto precursore delle strade che la statistica prenderà nei prossimi anni, concentrandosi sempre di più sullo sfruttamento (anche) di dati amministrativi. I dati fiscali e quelli delle assicurazioni sociali, che hanno reso possibile questo progetto, servono anzitutto allo Stato per realizzare i propri compiti legali, come per esempio il calcolo del montante che ogni contribuente deve corrispondere in termini di imposta cantonale, federale e comunale, ma si prestano anche – è stato dimostrato ampiamente con questo lavoro – ad altri scopi e costituiscono un patrimonio pubblico di cruciale rilevanza. La loro messa in rete con i dati statistici permette in primo luogo di disporre di informazioni statistiche che prima, semplicemente, per il Ticino non esistevano. Inoltre, il loro sfruttamento alleggerisce l’onere (statistico) sulle cittadine e i cittadini, rispondendo, in questo senso, al principio sempre più diffuso nella produzione di statistiche ufficiali da parte degli organi competenti dell’una tantum (in inglese, once only), che prevede l’utilizzo di dati amministrativi al fine di non chiedere ai cittadini informazioni di cui, in qualche modo, l’amministrazione statale è già in possesso.

Con comprensibile orgoglio Raffaele De Rosa ha commentato la pubblicazione dello studio. ""È ampiamente riconosciuto che la povertà è un fenomeno complesso che non può essere ridotto agli aspetti economici e finanziari. L’autonomia e l’autodeterminazione di una persona o di un nucleo familiare sono infatti determinate e definite anche da fattori che concernono il lavoro, l’abitazione, la salute, la formazione, le relazioni sociali e la possibilità di partecipare attivamente alla vita sociale. Pertanto è importante che, oltre a mettere in campo delle misure concrete di contrasto alla povertà, si agisca proattivamente con degli interventi di prevenzione. Un compito, quest’ultimo, non esclusivamente dell’ente pubblico, ma di tutte le componenti della società".

"Nei concetti “assoluti”, la povertà viene definita come la condizione di chi è al di sotto di un minimo vitale prestabilito. Per misurare la povertà in Svizzera, l’Ufficio Federale di Statistica (UST) ricorre a una soglia di povertà basata su un minimo vitale sociale definito secondo le raccomandazioni della Conferenza delle direttrici e dei direttori cantonali delle opere sociali (CDOS). Sono dunque considerate in povertà le persone che non dispongono di risorse finanziarie sufficienti per acquisire i beni e i servizi necessari a una vita socialmente integrata. Un tasso di povertà così definito, si presta a essere utilizzato quale obiettivo quantitativo per le politiche sociali, poiché il sostegno finanziario alle persone o alle economie domestiche in povertà, si riflette direttamente in una riduzione misurabile della povertà stessa. In Svizzera, la definizione del minimo vitale sociale, è fondata sulle norme della Conferenza svizzera delle istituzioni dell’azione sociale (CSIAS), che funge da riferimento per valutare il diritto a ricevere l’aiuto sociale. Queste informazioni, tratte dalle indicazioni dell’Ufficio Federale delle Assicurazioni sociali (UFAS), ci aiutano a contestualizzare l’importanza del Rapporto sociale voluto dal Consiglio di Stato e dal Gran Consiglio ed elaborato dall’USTAT, grazie a una determinante sinergia fra diversi uffici dell’amministrazione cantonale" , ha proseguito, spiegando come "in effetti, per la prima volta in Ticino, l’integrazione di dati fiscali con quelli delle prestazioni sociali ci permette di disporre di informazioni statistiche utili per predisporre delle misure di politica sociale volte a prevenire e a contrastare efficacemente il fenomeno della povertà. -Il Rapporto sociale, che verrà regolarmente aggiornato, ci permetterà inoltre di valutare l’impatto e l’efficacia delle politiche sociali messe in atto, in funzione di eventuali adeguamenti o riorientamenti delle stesse"

"Sapere ascoltare, accogliere e analizzare i bisogni espressi dai cittadini è una costante sfida che dà valore all’attività politica e contribuisce allo sviluppo del benessere di una comunità. Povertà e diseguaglianze sono un grave affronto alla dignità umana. La promozione della dignità umana e dei suoi diritti fondamentali deve essere l’impegno prioritario di ogni società democratica che, nel contempo, deve coinvolgere tutte le parti che la compongono, perché sconfiggere la povertà non deve essere considerato un atto di carità, bensì un atto di giustizia sociale", ha terminato il suo intervento in conferenza stampa.

 

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