Il CEO di UBS prende posizione contro le proposte del Consiglio federale: "Sì a una regolazione più solida, ma non a misure che rischiano di danneggiare la competitività della banca"
ZURIGO – Sergio Ermotti non ci sta. Il CEO di UBS attacca frontalmente i nuovi requisiti patrimoniali proposti dal Consiglio federale per le grandi banche: “Sproporzionati ed estremi”, li ha definiti in una conferenza con gli analisti. E avverte: “Così facendo ci costeranno 24 miliardi di dollari in capitale proprio in più”.
È la prima uscita pubblica del numero uno della banca da quando – a inizio giugno – il governo ha presentato le misure per rafforzare il sistema bancario svizzero dopo il disastro Credit Suisse. UBS condivide in parte le proposte, ma contesta duramente l’idea di imporre alle sue filiali estere di essere totalmente capitalizzate.
“UBS ha successo grazie, non malgrado, la sua impronta globale”, ha ribadito il manager ticinese. E ha messo sul tavolo anche l’impatto sul Paese: “Forniamo servizi essenziali alla Svizzera, sosteniamo l’economia e i contribuenti. Abbiamo una forte cultura del rischio”.
Ma se le regole cambiano davvero come prospettato da Berna, per UBS si profilano costi pesantissimi. Ai 24 miliardi da coprire, si sommano gli altri 18 miliardi già richiesti dopo l’acquisizione di Credit Suisse.
Ermotti ha anche confermato gli obiettivi finanziari fino al 2026, ma ha fatto intendere che quelli a lungo termine saranno comunicati “solo quando ci sarà chiarezza sulle nuove regole. UBS - ha concluso - continuerà a partecipare attivamente al dibattito", portando numeri e fatti sul tavolo”.