La deputata PLR, pesantemente insultata da alcuni attivisti pro-pal, racconta ciò che ha vissuto a Bellinzona: "Dispiaciuta e delusa da chi a sinistra ha minimizzato"
Alessandra Gianella, lei è stata pesantemente insultata da alcuni attivisti pro-pal, nel contesto dei disordini avvenuti venerdì della settimana scorsa all'esterno del Teatro sociale di Bellinzona. Come ha vissuto quei momenti di tensione?
"È stato molto spiacevole, ma soprattutto non comprendo in quale modo gli insulti rivolti alla sottoscritta e alle altre persone presenti – colleghe e colleghi, semplici cittadini, chi lavorava per l’organizzazione dell’evento o chi, come noi, era lì soltanto per assistere a un momento di approfondimento sulle relazioni tra il nostro Paese e l’Unione europea – possano portare qualcosa di positivo alla causa di chi manifestava pacificamente. La situazione è stata particolarmente difficile al termine della manifestazione, quando, per motivi di sicurezza, ci è stato chiesto di rimanere oltre un’ora e mezza all’interno dell’edificio e si è reso necessario l’intervento di diversi agenti in assetto antisommossa. Alcuni di noi sono stati scortati fino alle proprie auto perché inseguiti, spintonati e insultati. In Svizzera manifestare è un diritto garantito dalla nostra Costituzione e va rispettato, nessuno lo mette in dubbio. È altrettanto diritto, però, poter partecipare serenamente a eventi pubblici senza sentirsi minacciati o ostacolati. In una democrazia ognuno deve poter esprimere liberamente le proprie idee, ma sempre nel rispetto reciproco. Quando questo rispetto viene meno, si rischia di trasformare un momento di confronto civile in un’occasione di divisione e di tensione. E questo, alla fine, non fa bene a nessuno".
Alcuni esponenti della sinistra hanno ridimensionato la portata dei disordini. Ne è rimasta dispiaciuta?
Sì, mi sento anche piuttosto delusa. Perché credo che minimizzare quanto accaduto o liquidare le reazioni come semplice strumentalizzazione non aiuti in alcun modo a migliorare la situazione. Ne ho già parlato direttamente con alcuni colleghi, senza alcuna intenzione di fare polemica, ma solo per chiarire ciò che noi presenti abbiamo vissuto, soprattutto a tarda sera. Episodi di questo tipo, indipendentemente dal colore politico, finiscono per danneggiare la causa stessa di chi manifestava pacificamente. Non a caso anche Stefan Kalberer, ricercatore del Centro per la democrazia di Aarau, nelle sue riflessioni ha espresso grande preoccupazione per quanto accaduto a Bellinzona".
Condivide l'indignazione di larga parte della popolazione ticinese rispetto alla prudenza del Consiglio Federale e del ministro Cassis nei confronti di Israele?
"Le atrocità che avvengono a Gaza sono sotto gli occhi di tutti e devono essere condannate con fermezza. Di fronte alle terribili immagini che purtroppo vediamo ogni giorno, comprendo bene l’indignazione di chi chiede prese di posizione più nette. Già nella sessione di giugno, in Gran Consiglio, abbiamo votato una risoluzione che sosteneva la posizione del Consiglio di Stato nei confronti del Consiglio federale: chiedere che la Svizzera condanni senza ambiguità le violazioni del diritto internazionale umanitario. La Confederazione, anche in sede ONU, ha più volte sottolineato la necessità di garantire il rispetto del diritto internazionale umanitario, l’accesso immediato e non ostacolato agli aiuti umanitari, la liberazione di tutti gli ostaggi, un cessate il fuoco immediato e duraturo e seri sforzi diplomatici per la soluzione dei due Stati. In questa stessa direzione si inserisce anche la decisione del Consiglio federale di accogliere in Svizzera bambini feriti della Striscia di Gaza e le loro famiglie, affinché possano ricevere cure adeguate. Credo che la Svizzera debba continuare a impegnarsi per favorire una pace duratura basata sul dialogo, condannare con chiarezza le violazioni del diritto internazionale e garantire che gli aiuti umanitari raggiungano la popolazione civile. Solo così il nostro Paese potrà contribuire in modo credibile a promuovere la pace e la tutela dei diritti umani in Medio Oriente".