ANALISI
CPI Hospita-Lega: no ai deputati, ecco chi
Una lista di possibili ex magistrati che potrebbero svolgere la necessaria inchiesta sul caso, senza che i parlamentari si trasformino in inquirenti
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di Andrea Leoni

La Commissione parlamentare d’inchiesta (CPI) fornisce a deputati di milizia alcuni poteri inquirenti propri della magistratura. Per comprenderlo è sufficiente ripassare la legge che regola l’istituzione di una CPI.

Ai “depumagistrati” viene concesso d’indagare sull’amministrazione cantonale, sul Consiglio di Stato, su ogni e qualsiasi ente o corporazione di diritto pubblico, su enti privati che hanno un mandato pubblico. Alla Commissione parlamentare d’inchiesta non può essere opposto il segreto d’ufficio, può interrogare testimoni, procedere a perquisizioni e sopralluoghi, chiedere la produzione di documenti. Chiunque venga convocato è obbligato a presenziare, a produrre la documentazione richiesta e a testimoniare dicendo la verità, se non vuole incorrere in conseguenze penali. Di fatto chi è indagato in Procura ha maggiori diritti di difesa.

Ora in Gran Consiglio sembra esserci una maggioranza di forze politiche che intende utilizzare questi poteri per inchiestare un altro partito: la Lega e i suoi principali dirigenti - Consiglieri di Stato, coordinatore e vice, deputati - coinvolti nel caso Hospita. Questo è un dato di fatto che nessuna retorica può annacquare (“non è un inchiesta sulla Lega”). E neppure a un orbo può sfuggire la grave stortura democratica che rappresenterebbe un atto del genere, ancora più a ridosso delle elezioni.

Occorre ora ribadire, a scanso di fraintendimenti, l’assoluta necessità di approfondire in maniera robusta le azioni e i comportamenti tenuti dai vertici del Movimento di via Monte Boglia nell’intricata vicenda. Detta in maniera ancora più chiara: serve un’inchiesta, non c’è discussione. E a questa indagine vanno conferiti gli stessi identici poteri di una CPI, secondo un preciso mandato deciso dal Parlamento. Ma a condurla non possono essere i deputati. Provate solo a immaginare la scena di Gran Consiglieri chiamati ad interrogare i loro colleghi di Parlamento….una follia!

La Sottocommissione ha detto di non intravvedere alternative alla CPI. Ma il passato insegna che ci sono eccome. Sarebbe sufficiente far capo ad ex magistrati. Ad esempio, la Commissione che vaglia le candidature degli aspiranti giudici e procuratori, appena rinnovata, offre personalità adeguate: Luca Marcellini, Emanuela Colombo Epiney, Franco Lardelli. Ci sono due giudici, da tutti apprezzate, che andranno in pensione nelle prossime settimane, Giovanna Roggero Will e Rosa Item. Ancora: Lorenzo Anastasi, Antonio Perugini, Mauro Mini, Carla Del Ponte, Giorgio Bomio Giovanascini, eccetera, eccetera, eccetera. Questi sono solo alcuni dei nomi possibili, così, riflettuti su due piedi, di persone che hanno servito il Paese nella magistratura e saprebbero condurre una CPI con autonomia, autorevolezza e competenza. E che darebbero peraltro un surplus di credibilità ai risultati dell’inchiesta. 

E allora perché no? Perché impuntarsi sulla presenza dei deputati? Come si può sostenere in scienza e coscienza che sarebbe preferibile affidare a un gruppo di parlamentari, anziché ai nominativi elencati, i poteri inquirenti di una CPI?

Vogliamo pensare che vi sia ancora spazio per una riflessione aggiuntiva e non vogliamo pensare che a muovere le scelte del Parlamento sia l’eccitazione dell’odore del sangue avversario.

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