POLITICA E POTERE
“Lascio la Lega e il Gran Consiglio: questo modo di fare politica mi ripugna”
Sabrina Aldi rompe con il partito e annuncia le dimissioni in un’intervista al Corriere del Ticino: “Frattura irreversibile con i vertici, sono stata isolata e usata come capro espiatorio”
TiPress / Pablo Gianinazzi

LUGANO - “Questo modo di fare politica mi ripugna”. Così, con parole nette, Sabrina Aldi annuncia in un’intervista esclusiva al Corriere del Ticino la sua uscita dalla Lega dei Ticinesi e dal Gran Consiglio. Un addio politico motivato da ragioni personali, etiche e politiche. Una frattura che si è consumata nel tempo e che la deputata considera oggi “irreversibile”. A renderla tale, secondo Aldi, non è stato solo un deterioramento dei rapporti con i vertici del movimento, ma un intero sistema che ha finito per trasformare la diversità di opinione in colpa e l’indipendenza di pensiero in minaccia.

“I rapporti con l’attuale dirigenza non sono più recuperabili”, spiega. “È giusto che io non solo lasci il partito, ma anche il mio incarico in Gran Consiglio. Sono profondamente delusa. La pressione è diventata insostenibile, anche sul piano personale. Ho dovuto mettere in secondo piano me stessa, la mia famiglia, la mia professione. Ora basta”.

L’intervista con il quotidiano ripercorre con ampiezza tutte le vicende che l’hanno coinvolta negli ultimi anni, dalle nomine in magistratura al suo ruolo nella società Hospita, fino al rapporto segreto commissionato dal partito e – secondo lei – mai reso noto in modo trasparente. Il punto di rottura, però, si è consumato con il cosiddetto “ultimatum” pubblicato dal Mattino, che suonava come una richiesta di dimissioni mascherata da appello alla responsabilità. “Non è stato del tutto inatteso, ma è stato il colpo definitivo. Il Mattino è stato usato come una clava per legittimare la posizione di chi voleva mettermi da parte”.

Aldi non ha dubbi sul fatto che, all’interno della Lega, si sia consumata una guerra silenziosa tra chi detiene le cariche ufficiali e chi, come Antonella Bignasca, esercita influenza dietro le quinte: “Ho sempre reclamato autonomia di giudizio, e questo non è mai piaciuto. La volontà di escludermi era evidente da tempo. Con il Nano Bignasca il Mattino era uno strumento centrale, oggi è diventato il megafono di epurazioni striscianti”.

Uno dei passaggi centrali riguarda la vicenda della nomina di Alvaro Camponovo a procuratore pubblico. Aldi precisa che il suo ruolo fu quello di dare seguito a una strategia già condivisa nella legislatura precedente. “Dopo le dimissioni della procuratrice Lanz, il nome di Camponovo fu avanzato. All’epoca non conoscevo né lui né il padre. Fu lui stesso a rinunciare, dichiarandosi non ancora pronto. Quando uscirono i bandi successivi, su richiesta del capogruppo Boris Bignasca, fui incaricata di ricontattarlo. Il suo profilo era già stato valutato positivamente e aveva ottenuto l’idoneità”. Secondo la deputata, anche Norman Gobbi era pienamente al corrente del dossier, incluso il fatto che lei lavorasse professionalmente con il padre di Alvaro. “A posteriori, avrei dovuto segnalare formalmente questo aspetto alla Commissione. Ma all’epoca era un fatto noto e non mi sembrava rilevante”.

Sul versante Hospita, Aldi respinge ogni lettura allusiva. “Quando entrai nella società, Eolo Alberti non ne faceva più parte. Aveva ceduto le sue quote per poter entrare nel CdA dell’EOC. La mia assunzione fu una scelta del dottor Claudio Camponovo, che nulla ha a che fare con la politica. Mi ha scelta per le mie competenze, e collaboriamo ancora oggi. Quanto poi scoperto, l’ho vissuto in prima persona: fui io a sollevare problemi molto seri, che sono oggi oggetto di un procedimento penale. La situazione mi ha provocato un fortissimo stress, al punto da togliermi il sonno. È stato un periodo molto difficile”.

Riguardo ai legami personali con i protagonisti della vicenda, Aldi puntualizza: “Con Alvaro Camponovo non ho mai avuto un rapporto personale. Su Alberti, posso solo dire che all’epoca non avevo motivo di dubitare. Era una figura stimata, frequentata da molti nella Lega anche nella vita privata, tra cene, vacanze e incontri informali. Ha saputo muoversi bene, e farsi voler bene. Non sono stata l’unica a fidarmi”.

Ma il passaggio più grave e inquietante, a suo avviso, riguarda il rapporto riservato affidato all’avvocato Enea Petrini, legale già coinvolto in una vertenza legata a Hospita in qualità di difensore proprio di Alberti. “Commissionargli un’inchiesta interna su quella stessa vicenda, senza nemmeno dichiarare il conflitto d’interessi, è inaccettabile. Nessun contraddittorio, nessuna autorizzazione, nessun mandato istituzionale. Il tutto si è svolto in modo opaco, e con il coinvolgimento di figure politiche che ricoprono ruoli istituzionali. Ho scoperto l’esistenza e i contenuti del dossier solo leggendo un’interrogazione dell’MPS. E il Mattino ne ha addirittura negato l’esistenza per settimane. È un precedente pericoloso”.

Tra le carte recentemente emerse, Aldi segnala anche il verbale di Norman Gobbi, in cui si parla apertamente di una “combine” tra lei e Alberti per ottenere incarichi e nomine: “È un’accusa infondata, basata su un racconto inventato. Alberti si candidò autonomamente. La mia assunzione fu indipendente. E la candidatura di Camponovo era stata valutata un anno e mezzo prima all’interno del partito. Ma nessuno parla, in quel rapporto, di chi l’ha commissionato, di come è stato costruito, e con quale scopo. C’è la volontà di distrarre l’attenzione dal vero scandalo, ovvero quello del rapporto segreto”.

La decisione di lasciare la politica non è stata facile, ma secondo Aldi non c’erano più alternative: “Sono stata travolta da un attacco che ha avuto effetti devastanti sulla mia vita personale e professionale. Oggi devo pensare a me stessa. Ma anche se dolorosa, è una decisione coerente: non posso restare in un’istituzione in cui non credo più”.

I contatti con la Lega oggi sono limitati. “Chi ha lavorato davvero con me conosce la mia correttezza. Con Boris Bignasca avevo un rapporto di amicizia sincero, ma alle prime difficoltà mi ha voltato le spalle. Fa male, ma in politica accade. Non serbo rancore, ma non dimentico”. A chi l’accusa di essere stata ingenua o complice, Aldi replica annunciando battaglia legale: “Difenderò la mia reputazione nelle sedi opportune. La mia immagine pubblica è stata infangata da insinuazioni prive di fondamento. È tempo che la verità emerga, e il tribunale è l’unico luogo dove ciò può accadere”.

E se con Piccaluga e Gobbi ogni ponte è crollato – “auguro loro di riflettere su quanto accaduto, e di farsi un esame di coscienza” – Aldi conferma invece la stima per Claudio Zali: “Continuerò ad avere un buon rapporto con lui. La mia uscita dalla Lega non cambia l’opinione che ho di lui, sia come politico sia come persona”.

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