SECONDO ME
Oliviero Pesenti: “Chi spinge via i capitali, spinge via il lavoro”
“Attaccare i ricchi non è giustizia sociale: è un boomerang che impoverisce il paese e penalizza chi si vuole davvero proteggere"
TiPress / Pablo Gianinazzi

di Oliviero Pesenti *

In tempi di dibattito politico polarizzato, è urgente affrontare con lucidità una realtà economica fondamentale: i grandi investitori e i cittadini più ricchi non sono nemici della società, ma pilastri imprescindibili della crescita e della stabilità economica. Il capitale privato, se valorizzato e rispettato, alimenta le imprese, genera occupazione e sostiene l’innovazione, creando opportunità che vanno ben oltre la semplice creazione di ricchezza individuale. Senza di esso, lo sviluppo rallenta, i posti di lavoro diminuiscono e le risorse pubbliche si riducono drasticamente.

Molti credono che la povertà possa essere combattuta con sussidi, redistribuzione forzata o politiche ideologiche. La realtà è un’altra: il benessere cresce solo creando lavoro, opportunità reali e crescita sostenibile. Non basta un qualsiasi lavoro: serve lavoro di qualità, generato da imprese ad alto valore aggiunto capaci di pagare meglio, innovare e competere a livello globale. Solo così si innalza davvero il livello di vita della società.

Per attrarre queste imprese non bastano slogan, ma condizioni quadro adeguate: stabilità normativa, tassazione competitiva, infrastrutture moderne, energia a costi sostenibili, un mercato del lavoro efficiente e un sistema educativo che formi competenze tecniche e digitali. È compito della politica costruire un ambiente favorevole, motivante e competitivo, con una visione di lungo periodo. Serve competenza, non propaganda.

Proposte punitive verso il capitale, come l’iniziativa JUSO sulla patrimoniale, vanno esattamente nella direzione opposta: colpirebbero chi investe e crea lavoro, spingendo ricchezza e imprese a migrare verso paesi più attrattivi. Il denaro non conosce confini: un clima ostile al successo economico e alla capacità di produrre reddito finirebbe per provocare una fuga di capitali con effetti disastrosi. E a pagarne il prezzo sarebbero, ancora una volta, lavoratrici, lavoratori e giovani che cercano opportunità per costruirsi un futuro.

Serve una nuova stagione politica, pragmatica e responsabile: valorizzare chi produce ricchezza non significa abbandonare la giustizia sociale, ma realizzarla davvero. Perché non esiste welfare senza crescita, né protezione dei lavoratori senza imprese che assumano, investano e competano.

La vera tutela del lavoro nasce solo dal successo di chi crea lavoro. E un paese che spinge via i capitali, spinge via anche il suo futuro.

 
* Imprenditore

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